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Doc. XXIII n. 34

accertare i rapporti da questi intrattenuti con imprese operanti nel settore del trattamento dei rifiuti. Secondo quanto riferito, 35 comuni hanno dichiarato di tenere rapporti contrattuali con privati e gli organi di polizia sono stati interessati per verificare la presenza, in taluno di questi rapporti, di elementi che possano indurre a ritenere infiltrazioni di organizzazioni mafiose. Dal mese di giugno 1997, opera presso la Criminalpol della Sicilia occidentale, una speciale unità, composta di due ispettori, che ha il compito di coordinare sotto il profilo informativo, tutte le indagini. Nell'agosto del 1995, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare del GIP del tribunale di Palermo, sono stati tratti in arresto vari soggetti coinvolti nello smaltimento clandestino di rifiuti tossici presso una cava abusiva sita in Montanaro (Trapani). Si tratta di un procedimento avviato a seguito di dichiarazioni di un collaboratore di giustizia trapanese che ha riferito su attività di intermediazione ad opera di cosche mafiose operanti in provincia di Trapani.
Pur in carenza di riscontri più certi, il prefetto, sulla base anche di esperienze maturate in altri uffici, ha escluso che la regione possa essere interessata da traffici di importazione di rifiuti provenienti da altre zone del paese. Il problema riguarda, piuttosto, le modalità di conferimento dei rifiuti prodotti nell'isola e l'eventuale esportazione in siti posti in altre regioni. A tale proposito ha affermato che almeno il 90 per cento dei rifiuti pericolosi prodotti nell'isola non esce dalla regione, a meno che i trasferimenti non avvengano in modo del tutto illegale e clandestino. Si tratta di un dato che appare peraltro in forte contrasto con quanto riportato dal Ministero dell'ambiente nel Rapporto sullo stato dell'ambiente pubblicato nel 1997: in tale pubblicazione si afferma che il 100 per cento dei rifiuti tossici-nocivi prodotti in Sicilia nel biennio 1993-1994 era smaltito fuori regione. Ma, allo stato delle conoscenze, mancano riscontri su questi eventuali trasferimenti.
Per altre situazioni, che riguardano soprattutto fatti pregressi, sono in corso accertamenti, da parte della pretura di Palermo per verificare se la Sicilia sia stata terminale di traffici, anche internazionali, di rifiuti pericolosi. Mancano sufficienti elementi di informazione sui traffici che avvengono per via ferroviaria e via mare, soprattutto lo stretto di Messina. Saranno intensificati i controlli ed iniziata un'attività di intelligence.
Da ultimo il prefetto, su richiesta della Commissione, ha riferito anche su alcune specifiche situazioni di traffici di rifiuti nei porti di Carrara e della Spezia, nonché in altre località dove aveva precedentemente prestato servizio. Ha riferito, comunque, di non essere a conoscenza di alcun collegamento tra quelle località e la Sicilia.
Altro interessante fronte relativo alle attività di contrasto in generale, è quello che si può ricavare dalle relazioni ex articolo 15-bis della legge 19 marzo 1990, n. 55 e da tutte le altre ipotesi di relazioni prefettizie per lo scioglimento dei consigli comunali.
Dagli atti acquisiti dalla commissione si evince con chiarezza come il fenomeno del condizionamento degli appalti di gestione, realizzazione ed utilizzo delle discariche e, in genere, dei servizi di raccolta dei Rsu, sia diffuso e come lo stesso sia stato segnalato nell'ambito delle procedure di scioglimento dei consigli comunali.

Al riguardo la Commissione segnala la preziosa opera di collaborazione tra organi istituzionali che si è posta in essere in occasione dell'indagine sulla discarica di Pollina, opera che ha condotto a risultati lusinghieri sia dal punto di vista del controllo amministrativo-preventivo che da quello giudiziario (26). Manca, invece, se si fa eccezione per l'attività investigativa delegata dalla DDA di Caltanissetta, sia qualsiasi monitoraggio del fenomeno da parte delle competenti DIA (27), sia una più fruttuosa analisi generale, da parte dell'Autorità giudiziaria, delle pur numerose ed illuminati relazioni redatte dalle varie prefetture dell'isola in ordine alle ipotesi di scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose o per condizionamento dell'attività amministrativa.

(26) Vedi antea, al paragrafo 6.2.4.
(27) Vedi, ad esempio, relazione della DIA di Catania sulle infiltrazioni mafiose in provincia di Siracusa, acquisita agli atti della Commissione, che non affronta minimamente il problema.

6.4.2. Considerazioni sull'attività della magistratura. L'attività di contrasto svolta dalle forze di polizia e dalla magistratura sembra, in base agli atti ed alle risultanze, essere stata tempestiva e ben diretta; tuttavia, gli organi di controllo non appaiono ancora adeguatamente preparati, né culturalmente attrezzati, ad affrontare la nuova situazione.
Mentre per un verso occorre prendere atto della sollecitudine con la quale alcuni organi di polizia giudiziaria hanno seguito i procedimenti aventi ad oggetto la questione dei rifiuti d'altra parte occorre anche porre in evidenza che tutte le indagini sono scaturite da fatti accidentali. Mancano cioè referenti istituzionali capaci di letture dei fenomeni che possano portare a denunzie motivate ad opera delle strutture amministrative di controllo preposte alla verifica della regolarità nelle modalità di conduzione dei traffici. Sembra debole il controllo delle forze di polizia diffuse nel territorio ed aventi anche compiti di carattere amministrativo (vigili urbani, polizia stradale, guardie ecologiche, eccetera), al fine di individuare ed interpretare i traffici e le connesse patologie gestionali. In particolare, come detto, sembra mancare una conoscenza approfondita del fenomeno di infiltrazione da parte degli organi di investigazione specifica che ben raramente hanno saputo mettere a punto e focalizzare le pur copiose informazioni emergenti da più parti.
Assai debole è anche il coordinamento tra le varie forze di polizia, come (fatto ancora più grave, attesa l'esistenza dello strumento processuale di cui all'articolo 117 del codice di procedura penale) tra gli uffici giudiziari inquirenti, spesso costretti ad operare su stralci di inchieste trasmessi una volta effettuati gli accertamenti.
Altro dato di rilievo anche per i riflessi ambientali, emerso dalle indagini svolte dalla magistratura ed esaminate dalla Commissione, è la diffusa esistenza di fenomeni di «dispersione dei rifiuti» e della loro «declassificazione»; fenomeni accertabili unicamente a posteriori con danni gravissimi per l'habitat regionale, sia rispetto al sostanziale inquinamento permanente, sia rispetto alle possibilità di ripristino seguenti l'accertamento delle responsabilità. Tale dispersione dei rifiuti, che si evidenzia un modo macroscopico nell'ipotesi di traffico


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illecito, sembra essere agevolata da alcune circostanze emerse dalle indagini cui si è fatto cenno. Tali circostanze si concretizzano:

a) nella mancanza di una specializzazione diffusa da parte degli organi di controllo, che viene anche in evidenza nell'oggettiva mancata organizzazione e sensibilizzazione delle forze dell'ordine operanti in modo diffuso sul territorio rispetto ai fenomeni di traffico che è possibile accertare unicamente attraverso l'intervento di organi specializzati (NOE, Corpo forestale dello Stato e Guardia di finanza);

b) nella quasi totale carenza di strutture presso i presidi multizonali delle ASL della regione, che causano la mancata tempestività nell'esecuzione di accertamenti (urgenti e preliminari all'inizio delle indagini), ora effettuati in laboratori assai distanti dai luoghi di transito;

c) nella quasi totale assenza di indagini o accertamenti eseguiti nel corso di operazioni di polizia che comportino il controllo e la conoscenza del territorio o a seguito di segnalazione da parte degli organi preposti ai controlli amministrativi. Dalle inchieste penali e dai dati acquisiti dalla Commissione emerge, infatti, che non risultano effettuati controlli da parte delle province o delle regioni, e che quindi non vengono attivate le inchieste penali. Peraltro, non risulta venire applicato l'articolo 168 del codice della strada, che prevede un obbligo di segnalazione cartellonistica visiva per il trasporto dei rifiuti;

d) nell'osservazione che le operazioni di smaltimento illecito, o quanto meno sospetto, sono spesso strettamente collegate all'attività di «cave e torbiere», in particolare alle attività di «risanamento ambientale» delle cave esauste. Quindi, la predisposizione del catasto nazionale delle cave potrebbe rendersi utile per l'individuazione dei siti presumibilmente a «rischio».

Conclusivamente, in ragione delle circostanze e dei fenomeni posti in evidenza, fermo restando che la Commissione giudica che la complessità della situazione della regione richiede ulteriori approfondimenti, in ordine allo specifico punto delle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, può affermarsi che gli elementi acquisiti consentono di valutare positivamente l'azione di mero contrasto della magistratura e delle forze dell'ordine nei confronti degli episodi che sono venuti in evidenza, ma che appare assai in ritardo, se non addirittura mancante, una strategia di prevenzione generale e speciale, nonché una cosciente ed adeguata «cultura» di controllo e di indagine in materia ambientale. Peraltro, non sempre vengono attivati i pur deboli strumenti legislativi esistenti.
Peraltro, nonostante il ricco ed articolato patrimonio conoscitivo acquisito, la Commissione deve riconoscere che, tuttora, esiste una forte divaricazione tra i preoccupati allarmi lanciati dalle varie realtà ascoltate ed i riscontri certi di carattere giudiziario.
Allo stato delle attuali conoscenze, gli elementi in possesso della Commissione inducono a ritenere che una coordinata, attenta e forte azione di contrasto possa battere gli interessi della criminalità organizzata e comune che si muove attorno all'affaire rifiuti.


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Per tale motivo, la Commissione si impegna a seguire con particolare attenzione l'evolversi della situazione ed a sostenere le iniziative centrali e locali per rafforzare, anche in questa regione, la lotta alla criminalità ambientale.
Interessante potrebbe essere, ad avviso della Commissione, ipotizzare possibilità di coordinamento delle indagini in materia ambientale e con specifico riferimento alle infiltrazioni mafiose, da parte delle sezioni territoriali della DIA, con monitoraggio periodico del fenomeno così come detta DIA fa per altri tipi di reati. Tale tipo di attività da una parte potrebbe meglio utilizzare le notizie e le informazioni che alle autorità di controllo pervengono da canali diversi (ad esempio attività di accertamento a livello amministrativo dell'infiltrazione mafiosa nella gestione degli enti locali) e, dall'altra consentirebbe di inquadrare il fenomeno nella sua, purtroppo, naturale sede di gestione «globale» ed «illegale» dell'affaire rifiuti.
Al riguardo la Commissione si propone un'iniziativa di sensibilizzazione dei vertici nazionali e locali della DIA. Quest'ultima, infatti, sembra la naturale referente, anche per compiti istituzionali, della Commissione stessa ed appare opportuno il coinvolgimento di tale organo specializzato nelle indagini.