Terre Celtiche, menhir a CAVAGLIA'
datazione del sito circa 4-5.000 A.C.
Anno 2005 “Grandi Manovre” a Cavaglià dopo “la scoperta” dei reperti litologici da parte di uno studioso di storia locale: Luca Lenzi.
Il comune di Cavaglià ha in progetto di realizzare intorno alla zona archeologica un’area verde: i massi però sono stati collocati in una diversa posizione e con un allineamento arbitrario.
Nell’articolo di Maurizia Vaglio tutti i dettagli della intricata vicenda.
[fotodi Luca Lenzi e di Maurizia Vaglio]
La redazione di “Vento tra le Fronde” ha raccolto diverse testimonianze di persone e vecchi abitanti del luogo ed è riuscita a tracciare una storia di quelle pietre che negli anni sessanta circa circondavano un piccolo laghetto poi prosciugato per la costruzione di alcune villette. Gli anziani ricordano allineamenti di grosse pietre nei boschi della loro giovinezza, speriamo che queste testimonianze non vadano perdute!
Settembre 2005
In occasione del Keltieker l’associazione Camelot, il Fil Rouge de Broceliande con l’associazione Antica Quercia hanno dato vita alla consacrazione del sito dei menhir con messa a dimora di due piantine di quercia
2008
Pubblicazione a cura di Luca Lenzi di documentazione fotografica e suo commento VEDI
Sono anche fotografate altre pietre nel parco giochi ad ovest del piazzale (vedi foto)
Altri articoli sulle aree sacre e i siti archeologici in
Foto scattate dal dott. Roberto Roggero negli anni 1975/76 VEDI
MENHIR A CAVAGLIA’
a cura di Maurizia Vaglio -Associazione Culturale Anticaquercia Biella
Il Biellese si trova in
un’area geografica che confina, in tutte le direzioni, con
zone di segnata appartenenza celtica. Ad est è a pochi
chilometri il confine convenuto dell’area
d’influenza della civiltà di Golasecca. Verso sud,
abbiamo Vercelli, nota anche per l’omonima battaglia campale
che oppose ai Romani l’esercito dei Cimbri nel 101 a.C. Ad
ovest e a nord troviamo rispettivamente il Canavese e la Valle
d’Aosta, zone d’origine celtica ormai conclamata.
Non si comprende quindi il motivo per cui il nome di
Biella non è mai assurto agli onori della cronaca per quanto
riguarda le sue, ormai accertate, radici celtiche, nemmeno di fronte a
rinvenimenti che forse, se fossero avvenuti altrove, avrebbero avuto
ben altra eco. Parliamo di reperti importanti, come quelli della sepoltura
detta “del Principe” scoperta sulla
sommità della collina (oggi parco naturale) della Burcina,
sepoltura che presentava incredibili affinità con altre
dell’area cisalpina, e addirittura della zona
d’appartenenza della civiltà Halstattiana in
Austria. Potremmo anche citare la spada celtica
ritrovata una decina d’anni fa in un alveo disseccato del
torrente Cervo, nel comune di Vigliano Biellese. Oggi questi reperti
sono esposti e visibili a tutti presso il locale Museo del Territorio.
Eppure, su siti internet anche importanti, e
pubblicazioni di autori prestigiosi, il nome di Biella non appare mai,
nemmeno marginalmente, e zone appartenenti alla provincia come la Bessa
di Mongrando (area d’estrazione aurifera,
originariamente appartenuta al popolo dei Victimuli, poi conquistati e
schiavizzati dai Romani, che li utilizzarono come manodopera gratuita
nelle miniere a cielo aperto) o come Cavaglià, vengono
sbrigativamente citate come localizzate “nelle vicinanze di
Ivrea”!
Speriamo sinceramente che questo incomprensibile
stato di cose vada modificandosi nel prossimo futuro.
Forse un primo passo potrebbe essere questo nuovo rinvenimento, avvenuto proprio a Cavaglià, cittadina posta all’estremo sud della provincia di Biella.
Tutto ha inizio circa un anno fa, quando un appassionato studioso di Torino, Luca Lenzi, si accorge che in un’area dismessa del comune, accanto al parcheggio della piazza adibita a mercato, giacciono, semiricoperti da rovi e vegetazione selvatica, numerosi monoliti che presentano sorprendenti analogie con i molti menhir che lo stesso Lenzi aveva avuto modo di osservare in altre regioni europee. Ciò che però gli fa suonare il classico “campanello d’allarme” in testa, è la presenza di un monolite, ancora fortunosamente in posizione verticale, che sorge accanto ad una provvidenziale betulla.
Il nostro giovane amico si
mette quindi in contatto con l’associazione culturale Anticaquercia
di Biella e con il Gruppo Archeologico Canavesano
per avere degli ulteriori pareri, per quanto informali. In
realtà, qualche riferimento all’esistenza di
simili reperti era emersa anche dalla lettura di alcuni testi editi
qualche anno fa. Primo fra tutti “Passeggiate archeologiche
tra Canavese e Valle d'Aosta" di Ivo Ferrero - Ediz. Cossavella, che vi
accennava, pur senza dilungarsi in dettagli.
Essendosi l’opinione comune indirizzata
verso una conferma dei suoi sospetti, Luca Lenzi provvede quindi a
segnalare direttamente la circostanza alla Sovrintendenza ai
Beni Archeologici della regione Piemonte. Dopo un primo
sopralluogo, il responsabile Filippo Maria Gambari, segnala al comune
di Cavaglià ed alla locale stazione dei
Carabinieri la necessità di provvedere alla
“sicurezza dei blocchi e di programmare il loro
posizionamento sul sito o nella più vicina area pubblica, in
un contesto adeguato”.
Ulteriori sopralluoghi evidenziano quindi
la presenza, sui massi, di lavorazione umana antica, di incisioni
cruciformi e di una coppella. Basandosi su tali elementi, il
sovrintendente localizza cronologicamente, senza mezzi termini, i
manufatti come “appartenenti all’Età del
Ferro”, in piena epoca celtica dunque.
Già un risultato
eclatante, ma non finisce lì.
Questa volta, diversamente dalle innumerevoli altre
nelle quali il nostro Bel Paese si è distinto per ignavia,
lungaggini e trascuratezza, sbaragliando scetticismi e pessimismi di
varia origine e natura, i lavori procedono con inedito vigore e
convinzione.
Giungiamo così alla fine di gennaio 2005,
quando partono i lavori di riposizionamento dei reperti. Sotto la
direzione dell’incaricata della Sovrintendenza, Antonella
Gabutti, viene ripristinata la postura verticale di tutti i massi.