Giornate 2007 - René Clair - Entr'acte
ENTR’ACTE (Rolf de Maré, FR 1924)
Regia/dir: René Clair; scen: Francis Picabia, René Clair; f./ph: Jimmy Berliet; cast: Jean Borlin (il cacciatore e il giocoliere/the hunter and the magician), Francis Picabia & Erik Satie (i due uomini con il cannone/the men with the cannon), Marcel Duchamp & Man Ray (i giocatori di scacchi/the chess players), Inge Fries (la ballerina barbuta/the bearded ballet dancer); premiere: 4.12.24; data uscita/released: 21.1.26; 35mm, 583 m., 22’ (24 fps); fonte copia/print source: Cinémathèque Française
Senza didascalie / No intertitles.
Accompagnamento musicale
Prima esecuzione assoluta della versione per pianoforte a quattro mani, a cura di Guy Campion, della partitura Cinéma di Erik Satie, ricostituita a partire dai manoscritti originali del compositore e sincronizzata per la prima volta con il film per il quale quest'opera era stata composta nel 1924. (Edizioni Durand-Salabert, Parigi 2007 - Collezione "Archives Erik Satie", diretta da Ornella Volta e Gérald Hugon.)
Duo pianistico Barbara Rizzi - Antonio Nimis.
Conferenza introduttiva di Ornella Volta, presidente degli Archives de la Fondation "Erik Satie", Parigi.
In collaborazione con Associazione Musicale Tarcentina - Laboratorio Internazionale di Musica da Camera 2007.
Insieme con Un chapeau de paille d’Italie, Entr’acte è sicuramente il più famoso di tutti i film muti di Clair. Questo breve e brillante divertissement dadaista non ha perso nulla del suo fascino buffonesco e rimane tuttora un irriverente ma bonario classico del cinema delle avanguardie degli anni ’20. Rivedendolo a qualche anno di distanza dalla sua ‘prima’, avvenuta nel dicembre del 1924, il sagace critico Alexandre Arnoux commentava argutamente: “Questo film è sempre giovane. Ancora oggi ti viene voglia di fischiarlo.”
Secondo in ordine di realizzazione, Entr’acte fu il primo film di Clair a essere distribuito (Paris qui dort, girato l’anno precedente, uscì nelle sale due mesi dopo la ‘prima’ di Entr’acte). Il pubblico cui era destinato, tuttavia, non era quello delle sale di prima visione o del cinema di quartiere, bensì il pubblico più illuminato del Théâtre des Champs-Elysées, elitaria vetrina parigina delle arti dello spettacolo, in particolare della danza, della musica e del teatro di prosa, che aveva notoriamente ospitato i Ballets Russes. Ed è lì che i prestigiosi Ballets Suédois del mecenate delle arti Rolf de Maré ebbero la loro sede negli anni 1920-24, collaborando con la crème dell’avanguardia degli anni ’20: Jean Cocteau, Ricciotto Canudo, Fernand Léger, Francis Picabia, il Gruppo dei Sei, Erik Satie e altri ancora (i due palcoscenici più piccoli, la Comédie e lo Studio, erano il regno di teatranti di rango quali Gaston Baty e Louis Jouvet).
Clair approdò in questo santuario dell’alta cultura sul finire del 1922, quando il suo innovativo direttore, Jacques Hébertot, gli propose di diventare il titolare della rubrica di cinema di una delle sue riviste d’arte, Le Théâtre-Comœdia Illustré. E dato che la redazione della rivista era situata all’interno dello stesso teatro, la nuova qualifica giornalistica offrì a Clair un osservatorio privilegiato sulla scena artistica parigina e gli permise di frequentare i maggiori talenti dell’epoca, molti dei quali diventeranno suoi amici e futuri collaboratori. Ma soprattutto, gli consentì di scrivere recensioni di film, e anche di sviluppare riflessioni di tipo teorico e pratico sul cinema, proprio mentre egli stesso si apprestava ad esordire nella regia – come Louis Delluc prima di lui e come François Truffaut e i suoi compagni della Nouvelle Vague in seguito. (Nei due anni che trascorse presso la rivista, Clair trovò il tempo di scrivere e dirigere i suoi primi tre film!)
Ideato dal pittore dadaista Francis Picabia come interludio filmato da proiettare tra i due atti di Relâche, il nuovo balletto che stava preparando con i Ballets Suédois e il compositore Erik Satie, Entr’acte venne affidato a Clair su insistenza dello stesso Picabia (Hébertot avrebbe preferito Marcel L’Herbier – che, fortunatamente, venne scartato). La “sceneggiatura” di Picabia (abbozzata su un foglio di carta intestata del ristorante Chez-Maxim’s) consisteva unicamente in una serie di brevi spunti dadaisti privi di qualsiasi connessione logica che Clair ebbe agio di sviluppare liberamente legandoli insieme in una sorta di unità ritmica. (Le successive asserzioni di alcuni detrattori di Clair, secondo cui egli fu solo un mero esecutore tecnico, sono infondate e pretestuose). Clair girò anche il prologo di 90? al balletto, in cui Satie e Picabia dal tetto del teatro – dove venne ripresa buona parte della prima metà di Entr’acte – danno il via alla rappresentazione sparando una cannonata sul pubblico. Aggiungendo spesso immagini proprie a quelle di Picabia, Clair (e il suo audace cameraman, Jimmy Berliet, un maestro della doppia esposizione) dilatò il film con una delle più esilaranti scene di inseguimento della commedia cinematografica, nella quale i partecipanti a un funerale corrono dietro a un carro funebre sfuggito al controllo (e che in precedenza era tirato da un cammello). “La sequenza lascia quasi senza fiato”, scrive Celia McGerr, studiosa americana di Clair, “e alcune riprese in soggettiva a bordo dell’ottovolante precipitano lo spettatore in uno stato di quasi nausea.” Stando ai numerosi resoconti dell’epoca (incluso quello di Clair), il film raggiunse il suo scopo, scatenando un uragano di urla, fischi e sberleffi da una parte della sala e applausi e risate dall’altra. Sarebbe tuttavia un’inutile esagerazione affermare che Entr’acte provocasse un vero scandalo, dato che la proiezione non degenerò mai nel pandemonio che solitamente caratterizza un genuino oltraggio alla sensibilità del pubblico. Entr’acte non aveva lo stesso potenziale trasgressivo di Un chien andalou o di L’âge d’or di Buñuel. Senza considerare che il film di Clair dovette dividere gli allori del succès de scandal della serata con quello che ne fu il vero protagonista: il balletto. Relâche era stato concepito da Picabia e dal coreografo e ballerino Jean Borlin come una sorta di sconcertante “happening”, che lo storico svedese della danza Bengt Hager descrive così: “I ballerini occupavano le sedie degli orchestrali, e lo spettacolo si svolgeva contemporaneamente in platea e sul palcoscenico, dove di volta in volta potevano apparire in scena signori in abito da sera che si spogliavano o Picabia e de Maré alla guida di uno scoppiettante macinin, e a coronare il tutto c’era il film di René Clair, Entr’acte, che rese il pubblico ebbro di allucinazioni, e solo la mancanza del colore gli impedì di essere psichedelico.”
Scandaloso o meno, Entr’acte confermò la crescente maestria tecnica del giovane Clair, il suo senso del ritmo e la fertilità della sua vena comica. Ma sarebbe rimasto un ispirato flirt con il cinema sperimentale.