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Uno strano modo per selezionare gli amici - Il Delfino e la Mezzaluna - Fondazione Terra D'Otranto

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  • ️Fri Oct 26 2012

di Armando Polito 

Nelle sere estive, si sa, è abituale cenare all’aperto da soli o in piacevole compagnia. A me capita spesso, anzi sfrutto tutti i pretesti per non mancare all’appuntamento con la geca Natalina (non capisco perché dovrei dire geco femmina, dal momento che perfino la compagna dell’asino si chiama asina). A Nardò la bestiolina, graziosa, lo ammetto, solo per me e per pochi altri, è chiamata lucèrta fracitàna o lucerta libbròsa. L’ultima denominazione è la più chiara ed inquietante, corrispondendo alla traduzione italiana lucertola lebbrosa; alla povera bestiolina è stato, così, appioppato un nome che evoca una terribile malattia infettiva unicamente perché la conformazione della sua pelle ne ricorda vagamente gli effetti orripilanti. Meno inquietante a prima vista lucèrta fracitàna in cui lucèrta è, come nel nesso precedente, nient’altro che la denominazione italiana antica, variante del latino classico lacèrta. E fracitàna? Non è altro che una forma aggettivale ottenuta aggiungendo il relativo suffisso all’aggettivo fracido, variante regionale centrale di fradicio1. Il processo analogico appare, dicevo, meno drammatico al primo impatto perché condizionato dal significato più innocuo di fradicio=inzuppato di acqua. Tutto, però, ritorna a fare concorrenza a libbròsa quando si pensa che fradicio può significare anche marcio, putrefatto2.

Non mi meraviglio, perciò, se la comparsa di Natalina sul muro in prossimità di una fonte di luce suscita puntualmente la reazione più o meno terrorizzata di qualche gentile commensale. Ogni volta la stessa storia: mi dò da fare prima per allontanare dalla scena la persona traumatizzata (per lo più qualche signora che, magari, solo in quella occasione dà prova di sensibilità…) per evitare che qualche scarpa o altro oggetto a portata di mano decreti la morte della mia amica; poi, pazientemente cerco di spiegare che si tratta di un animale assolutamente innocuo che vuole solo cenare pure lui, a debita distanza, in nostra compagnia, senza far cenno alla sua utilità in natura e senza avventurarmi in disquisizioni etimologiche sul suo nome, che la mia interlocutrice difficilmente potrebbe capire, e non solo per la gravità del pericolo appena corso…

Conclusione: quel commensale potrà, nelle migliori delle ipotesi, godere delle mie gioie conviviali solo in inverno, quando Natalina sarà in letargo e continuerà a restare in letargo pure la sensibilità di qualche mia ospite…

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1 Fradicio è dal latino fràcidum con metatesi, col risultato che la variante regionale fràcido è più vicina al latino di quanto non lo sia la forma diffusa a livello nazionale.

2 Non a caso fràcidus deriva da fraces=feccia dell’olio, la cui caratteristica, appunto, è quella di irrancidire in breve tempo.