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Salvatore Carcano

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Nel 1870, i bersaglieri, comandati da Raffaele Cadorna, entrarono a Roma attraverso la

breccia di Porta Pia, affrontando con il loro fucili con trasformazione Carcano i soldati

papalini, armati con i più moderni fucili Remington in calibro 12,7 che immediatamente

furono requisiti e distribuiti ai migliori reparti piemontesi.

La sorte dei fucili con trasformazione Carcano era segnata, dato che già da diverso

tempo, le alte sfere militari pensavano ad una nuova arma moderna per equipaggiare

l'esercito.

La scelta fu indirizzata verso il fucile svizzero Vetterli modello 1870 in calibro 10,35, anche

se non soddisfaceva la configurazione di base dell'arma che aveva un serbatoio da 12 colpi

e cartucce a percussione anulare.

Gli studi e le modifiche da approntare sui fucili Vetterli furono affidate a Giovanni Bertoldo

(capitano del genio) e Giuseppe Vitali (capitano di artiglieria).

Bertoldo realizzò ben 8 versioni, per arrivare alla produzione di un fucile (Carabina

mod.1870/82) con serbatoio tubolare a 9 colpi, adottato dalla Marina Militare; mentre

Vitali artefice di 12 versioni, realizzò quella definitiva con un serbatoio a 4 colpi che fu

adottato dell'Esercito (Vetterli-Vitali mod. 1870/87).

Carabina Vetterli-Bertoldo

mod. 1870/82

Il fucile modello 1891 fu destinato alla fanteria e i primi esemplari vennero dati in dotazione

agli Alpini. Così cominciò la storia del nostro fucile e con essa la storia d'Italia del secolo

scorso, dall'unità del paese dopo la Grande Guerra alle lotte fratricide, scoppiate alla

caduta del fascismo.

Il 91 fu  un'arma semplice e robusta, trasformata all'occasione, durante la Repubblica di

Salò, per supportare anche il potente calibro tedesco 8x57 JS e fu allo stesso tempo

un'arma  leggera e maneggevole, in poche parole un'arma spartana ed essenziale.

Il vantaggio del 91 fu di essere completamente progettato e costruito in Italia, mettendo

in risalto l'ingegno e le capacità delle nostre maestranze lavorative, che ben altre nazioni

seppero sfruttare quando i lavoratori italiani andarono in giro per il mondo alla ricerca di

lavoro e benessere.

Immagine "Collection Dutch National Military Museum"

Link alla pagina "serbatoio del fucile mod.1891" con importanti ed inedite rivelazioni sul contributo del Capitano del genio Giovanni Bertoldo.
Grazie all' Associazione Culturale Storico Oplologica "il Morione" e all'autore dell'articolo, Alessandro Bison.

Spaccato ricostruito da manuale d'epoca.

A seguito della scoperta avvenuta nel 1884 da parte di Paul Marie Eugenè Vieille

(1854 - 1934) della polvere infume, ottenuta attraverso la gelatinizzazione della

nitroglicerina  con una miscela di etere ed alcool; si rese disponibile la possibilità di

progettare fucili di calibro minore a quelli fino ad allora adottati.

Il Regio Esercito aveva in dotazione i sopra citati Vetterli-Vitali calibro 10,35 mm che

usavano carucce a polvere nera, fucili di buona qualità, ma diventati obsoleti come tutti

gli altri fucili a causa di questa nuova scoperta.

La Commissione tecnica cominciò le sue ricerche per valutare e trovare una nuova arma

che potesse diventare la nuova ordinanza per l'esercito.

Nel 1888 l'Austria adottò il "Mannlicher 1888"  e nello stesso anno la Germania il Mauser

Kommission, chiaramente l'Italia non poteva stare un passo indietro sopratutto verso i

nemici di sempre.

Nonostante queste due nazioni si fossero orientate verso un calibro di 8mm, a seguito di

alcuni esperimenti, si decise di adottare il calibro da 6,5mm, che avrebbe permesso alle

truppe, di trasportare con facilità un maggior quantitativo di munizioni.

Inizialmente si adottò per le munizioni un propellente alla balistite, ma poiché diede

problemi di eccessiva erosione e di instabilità a temperature estreme, si passò alla

solenite come propellente standard, un composto molto simile alla cordite adottato in

Gran Bretagna nel 1901.

La scelta di un calibro così piccolo indusse la Commissione tecnica di affidare la

progettazione e la produzione alle fabbriche d'armi dello Stato, dato che il mercato

estero non era preparato per un'arma di questo tipo.

La Commissione delle Armi Portatili, istituita presso la Scuola di Tiro di Fanteria di Parma

era comandata dal Generale d'Artiglieria Gustavo Parravicino con segretario il Maggiore

Antonio Benedetti, proveniente dalla fabbrica d'armi di Brescia e appunto in questa

fabbrica vennero fatte costruire delle canne da 6 e 6,5 mm per verificare se la

traiettoria di questi proiettili era stabile quanto quella ottenuta con proiettili di calibro

maggiore.

Il 18 aprile 1890 fu adottata definitivamente la cartuccia in calibro 6,5, ancora nella

versione con collarino (rimmed) e con pallottola in piombo con incamiciatura di

maillechort (lega di nickel puro 15÷16% e di rame elettrolitico).

Purtroppo le prove con la nuova cartuccia evidenziarono una eccessiva usura della

rigatura della canna che non era adatta ai forti attriti causati dai proiettili propulsi con

la nuova polvere e durante queste prove i proiettili perdevano la camiciatura.

Fu quindi indetto un concorso per la presentazione di un fucile rispondente al

caratteristiche richieste dalla Commissione, furono presentati quindici fucili di inventori

italiani e stranieri tra cui Mauser e nella seduta del 16 e 17 dicembre 1889 la

Commissione respinse tutti i progetti.

Constatato che non si riusciva a trovare una soluzione soddisfacente sul mercato

internazionale la Commissione, il 23 Settembre 1890, decise di affidare anche alle

fabbriche d'armi dello Stato lo studio del nuovo fucile.

Il nuovo segretario, Tenente Colonnello Pietro Garelli Colombo (che aveva sostituito

Benedetti) dovette affrontare il problema dell'usura eccessiva della rigatura delle canne,

rilevato in prossimità della camera di cartuccia, a causa del forte attrito iniziale dovuto

al passo di rigatura corto ma necessario per stabilizzare la lunga pallottola che usciva

dalla volata con una velocità di rotazione di 3.500 evoluzioni al minuto/primo.

Capitava che le pallottole perdessero l'incamiciatura e come soluzione furono provati

proiettili di ottone, ma scartati perchè avevano una traiettoria meno tesa a causa della

loro leggerezza.

Garelli Colombo pensò dunque di ricorrere alla rigatura progressiva, già utilizzata su armi

ad avancarica inglesi ed americane di metà '800 e poi abbandonata.

Il fucile 91 ebbe quindi una rigatura progressiva con un passo di 60 cm all'origine e 20

cm alla bocca, ed essendo la velocità iniziale impressa alla pallottola di 700 m/s, la

pallottola compie 3500 rivoluzioni al minuto/primo.

Ad onor del vero nella rigatura progressiva l'attrito delle rigature con il proiettile è

continuo e il logorio delle canne maggiore (n.d.r. nel 1924 i fucili mod 1891 furono

appunto riciclati con l'accorciamento delle canne, scartando la parte più usurata e

trasformati in moschetti per Truppe Speciali mod.91/24).

Nell'agosto del 1890 furono effettuati tiri comparativi fra i due tipi di rigatura e fu

adottata quella progressiva.

"La paternità della progettazione della canna a rigatura progressiva è attribuita al

segretario della Commissione maggiore Pietro Garelli Colombo, anche se fonti

giornalistiche la attribuirono al generale Vincenzo Muricchio".

Per le canne e vari meccanismi vennero sperimentati diversi acciai scegliendo quello

compresso prodotto dalla Poldhutte di Kladmo, presso Praga.

Fu indetto un nuovo concorso con termine di presentazione per il 31 dicembre 1891, al

quale parteciparono anche Mannlicher e Mauser e per motivi di segretezza  vennero

fornite normali canne a rigatura elicoidale.

Nel frattempo le fabbriche nazionali d'armi di Torino, Terni e Torre Annunziata,

presentarono i loro prototipi. Torino presentò i suoi 1000  che vennero identificati come

N°1, i 1000 di Terni e Torre Annunziata identificati come N°2, mentre Brescia non

presentò nessun prototipo. Tutti i fucili furono consegnati a sei reggimenti per le prove

di collaudo.

Nel mentre il Capo Tecnico Collaudatore Luigi Scotti, del Pirotecnico di Bologna, dopo le

prove con munizioni col collarino sporgente, si orientò su una cartuccia senza orlo

sostituita da una scanalatura a gola, che richiese la modifica del cilindro dell'otturatore

e di tutta l'azione, con queste modifiche furono presentati i fucili N°1 bis e N°2 bis.

Ulteriori necessità tecniche portarono allo sviluppo di un terzo prototipo e alla fine fu

scelto il fucile presentato dalla fabbrica d'armi di Torino chiamato N°1 ter, approvato il 5

Marzo 1892, al termine di una seduta durata 5 giorni.

Quindi il N°1 ter fu il prototipo definitivo da cui deriva il fucile modello 1891  adottato

con l'Atto ministeriale Nr. 57 del 29 Marzo 1892.

Il fucile scelto aveva  un sistema di otturazione  ideato da Salvatore Carcano, partendo

dal sistema Mauser ed adottando un sistema di sicurezza  a tubetto simile a quello

ideato per la conversione 1868.

I costi elevati di progettazione e produzione per un nuovo sistema di caricamento

indusse la Commisione ad adottare le lastrine metalliche di caricamento proposte da

Mannlicher (adozione 23 Aprile 1891), pagando le royalties di 300.000 lire.

Spaccato ricostruito da manuale d'epoca.