Il Mattino caccia il direttore anti grillino - Strisciarossa
- ️@striscia_rossa
- ️Tue Feb 08 2022
Nell’editoriale di esordio il suo successore, Federico Monga, piemontese che a Napoli si è integrato benissimo, è partito dall’articolo 3 della Costituzione, che sancisce il “diritto dei diritti”, quello all’uguaglianza. E la cosa è stata vista come l’ultimo schiaffo ad Alessandro Barbano, che da qualche mese gira l’Italia predicando che la nostra democrazia – come tutte le altre democrazie occidentali – rischia di soffocare per eccesso di diritti. Barbano è stato giubilato dalla direzione del Mattino di Napoli con un blitz di Francesco Gaetano Caltagirone nella prima mattinata di giovedì 1° giugno. Ma a costargli il posto non sono state certamente le sue tesi sull’ipertrofia maligna dei diritti espresse in un libro pubblicato recentemente per Mondadori. Un volume che non nasconde l’ambizione di voler delimitare il perimetro ideologico e valoriale della nuova/vecchia destra moderata. Sorpassata in tromba sul terreno del populismo dall’accrocco giallo-verde.
Caltagirone, che di mestiere fa il costruttore, con queste raffinatezze ha infatti scarsissima, se non nulla, dimestichezza. A muoverlo è l’istinto animale della convenienza, per sé e le sue aziende. E se finora le simpatie politiche di Barbano erano andate più che bene, i nuovi assetti di potere che si sono delineati con il governo Salvini-Di Maio imponevano al giornale, filogovernativo per antonomasia, una correzione di rotta. Che, secondo quanto egli stesso racconta a chiunque glielo chieda, il direttore defenestrato, nemico giurato dei 5Stelle, si è rifiutato di fare.
La fulminea epurazione (ma stavolta senza editto esplicito) sarebbe stata una diretta conseguenza di questo diniego, anche se la tempistica conferisce all’affaire i contorni del giallo. Troppo repentina la decisione di Caltagirone, arrivata il giorno stesso del giuramento del governo Conte. Quasi a stabilire una sorta di ponte immaginario tra lo storico civico 65 di via Chiatamone, che dall’autunno ospiterà un centro commerciale mentre il quotidiano traslocherà al Centro Direzionale, e il Quirinale.
E pensare che solo 48 ore prima del clamoroso siluramento i due, direttore e editore, erano stati i protagonisti della grand soirée del Premio Matilde Serao, tra gli stucchi, i velluti e gli ori del San Carlo: per l’occasione, era stato presentato anche il nuovo look del giornale, che lo uniforma graficamente al Messaggero, l’ammiraglia del Gruppo.
Ai giornalisti riuniti nella sala Giancarlo Siani, nel pomeriggio del 1° giugno, Barbano ha rivelato di essersi opposto a un ulteriore ridimensionamento dell’organico prospettato dall’editore. Dal suo insediamento a oggi, il Mattino ha subito il dimezzamento più o meno esatto del numero di giornalisti, passati da più di 100 all’attuale cinquantina (scarsa).
Ma alla fine tutto sembra convergere sulla pista politica. La sua gestione fortemente ideologica, andata ben oltre il tradizionale collateralismo del quotidiano coi poteri forti, ha tirato un brutto scherzo a Barbano, che in tutti questi anni ha avuto una grande passione politica: il presidente della Regione, Vincenzo De Luca. Nel Mattino il governatore, che ha per portavoce un ex capocronista del quotidiano, ha trovato sempre un alleato fedele e uno strenuo difensore. Sia direttamente che attraverso la sua folta batteria di editorialisti (da Biagio de Giovanni, a Paolo Macry, solo per citare quelli più impegnati sul fronte campano), Barbano ha sparato ad alzo zero contro chiunque si sia permesso di metterne in discussione o semplicemente di monitorarne l’operato: dagli avversari politici, interni e esterni al Pd, ai magistrati della Procura di Napoli, fino agli organi di stampa. Memorabili le posizioni energicamente assunte contro la famosa inchiesta Bloody Money, realizzata da Fanpage, definita “un attacco alla democrazia”, o contro la trasmissione “FuoriRoma” di Concita De Gregorio, “colpevole” di aver disvelato ai telespettatori di Rai3 alcuni lati poco noti della Salerno deluchiana.
Di pari vigore è stata solo la lunga opposizione a Papa Francesco, divenuto un bersaglio fisso per le sue posizioni in tema di uguaglianza e diritti negati. Un furore iconoclasta che deve aver disorientato non poco la storica base dei lettori del quotidiano, che hanno cominciato progressivamente a disertare l’appuntamento con le edicole. Oggi il Mattino vende, secondo i dati Ads, intorno alle 30mila copie nel giorno medio. Nel 2012, quando Barbano ne assunse la direzione, denunciava una diffusione media di 65mila copie al giorno.
E, probabilmente, anche questo avrà avuto il suo peso sulla decisione di Caltagirone.