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Mina, il conte Dracula e un po' di
solitudine
di Gino Castaldo
. 23.10.1985 -
Finalmente ho conosciuto il conte Dracula (Pdu) Chissà
cosa sta cercando di dirci Mina, tra le righe dei
dischi che, più o meno una volta all' anno, ci invia dal suo
impenetrabile eremo. Ormai la formula si ripete come un
rituale più che rigido: un titolo enigmatico e vagamente
provocatorio ("Finalmente ho conosciuto il conte Dracula"),
senza alcun nesso col contenuto di un doppio disco che per
metà propone riletture di vecchi brani e nell' altra propone
brani nuovi, scelti tra gli innumerevoli che di continuo le
vengono sottoposti. Mina continua a voler mostrare in perfetto
parallelo le sue due facce preferite: quella dell' interprete
ormai universale, capace di confrontarsi con qualsiasi tipo di
materiale classico, e quella della cantante in qualche modo al
passo dei tempi, che si cimenta sul nuovo e con la sensibilità
della nuova produzione. In ambedue i modi, le scelte sono
volutamente diversificate. Come interprete di classici, dopo
aver dimostrato cosa riesce a fare con le più belle melodie di
tutti i tempi, ora Mina si può permettere di giocare con molta
civetteria su scelte bizzarre e imprevedibili, come a voler
dire che nulla può resistere al suo talento, alla sua capacità
di trasformare anche canzoni che sono tutt' altro che
capolavori. Caso tipico, in questo disco, è My sharona,
un brano dei Knack che andò di moda qualche anno fa ed
è stato presto dimenticato, ma che in modo leggero e
disimpegnato rappresenta l' ingresso della new wave nell'
universo-repertorio di Mina. E che dire di Eppur mi son
scordato di te, una canzone firmata dall' indimenticabile
coppia Mogol-Battisti ad uso e consumo dei Formula
Tre che tanto tempo fa la portarono al successo su tutte
le spiagge italiane? E poi si noti con quale disinvoltura Mina
spazza via Carly Simon riprendendo con grande stile la
sua You' re so vain. E ancora, l' impegno con cui canta
Poster, includendo anche Baglioni nel lungo
elenco degli autori che hanno goduto delle sue
interpretazioni. Nella parte nuova, troviamo invece la
consueta scelta di novità di indiscussa qualità (gli autori
sono, tra gli altri, Malgioglio, De Scalzi e
perfino Riccardo Cocciante col quale, in Questione
di feeling, Mina si permette addirittura un duetto,
interrompendo, per una volta, la lunga tradizione di
isolamento). Sembra volutamente scartata la logica del singolo
pezzo di successo, così da privilegiare la qualità globale del
disco, come se anche di fronte alle nuove composizioni, Mina
scegliesse un criterio di classicità. Ed è questo che negli
ultimi anni conferisce ai suoi dischi una sensazione di
estraneità al tempo e alle mode, a conferma di quell'
isolamento così sorprendente che le viene attribuito, in
genere paragonato a quello di Lucio Battisti. Ma il
paragone è solo apparente. Mentre Battisti ha scelto di
sparire dalla vita pubblica fin dall' inizio, facendo di
questo una parte integrante del suo personaggio, Mina c' è
arrivata col tempo, dopo essere stata la più popolare e
seducente beniamina dell' Italia televisiva. Perciò è ancora
difficile convincersi che, prima o poi, non provi nostalgia
per il rapporto col pubblico che si era conquistata. E non è
detto che non ci siano segni di un cambiamento. Il duetto con
Cocciante, le grintose impennate rock che costellano il disco,
e tanti piccoli ammiccamenti fanno pensare ad una Mina che
forse vuole tornare a giocare con le mode, col successo più
commerciale, con una modernità più reale e concreta, fuori da
una torre d' avorio sempre più alta, ma forse anche sempre più
scomoda.
La Repubblica - 23.10.1985

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