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Michael Wincott

  • ️@Vogue_Italia
  • ️Wed Nov 12 2014

Theory: la campagna primavera/estate 2014

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di Laura Tortora

"Scusa il ritardo, ma la tintoria ha perso il mio abito". La voce è inconfondibile, roca e profonda, raspa quanto basta perché un appassionato di cinema lo riconosca subito e ovunque. Lo stesso dicasi per il viso, angoloso e ben scolpito, caratteristiche che lo hanno contraddistinto in ruoli famosi da antagonista, da classico 'bad guy', fortemente voluto dai migliori auteurs della regia americana: Oliver Stone (Talk radio, Nato il quattro luglio e The Doors), Jim Jarmush (Dead man), Alex Proyas (Il corvo), Kathryn Bigelow (Strange days) e Julian Schnabel (Basquiat, Prima che sia notte e Lo scafandro e la farfalla), tanto per citarne alcuni.

Michael Anthony Claudio Wincott, classe 1958, è tutto fuorché complicato: è colto, solare, gioviale, poliglotta (parla anche italiano, ndr), ama le arti marziali e la musica (suona vari strumenti tra cui chitarra, piano, tromba e fisarmonica). Lo incontro al bar dello Chateau Marmont, sua fonte di ispirazione per tanti ruoli. Lo stile è impeccabile, tanto quanto la sua opinione nei confronti della moda californiana. "Mi piace vestirmi bene perché l’eleganza è un modo per comunicare il mio interesse per la vita, mentre questa cultura attuale della sciatteria trasmette solo un messaggio: pigrizia, soprattutto intellettuale. Gli americani saranno contenti solo quando potranno andare a far la spesa in Crocs e pannolini, così non devono sforzarsi nemmeno per andare al bagno".

Wincott è cresciuto in Canada, nella zona est di Toronto, da padre inglese e mamma piacentina. "Sono loro che mi hanno fatto diventare l’uomo che sono: non conta dove vivi ma il sangue che scorre nelle tue vene. Mio padre veniva da una famiglia operaia, per mantenerci faceva di tutto, vendeva enciclopedie, assicurazioni, ed era anche un bravo saldatore. Un giorno – a 34 anni – mentre stava lavorando in cima a un edificio nel centro di Toronto, a 20° sottozero, decise che la sua vita sarebbe cambiata: avrebbe mantenuto il suo lavoro in cantiere, ma la sera, tolto l’elmetto di protezione, avrebbe frequentato l’università. E così fece. Due lauree dopo diventò insegnante. **È stato mio padre a insegnarmi la determinazione. Mia madre, invece, che la domenica ci cucinava sempre gli agnolotti fatti in casa, ci ha insegnato a essere pazienti, ad apprezzare le cose anche nel più piccolo dettaglio, le cose fatte con amore.**Lezioni importanti che mi sono servite molto nel mio mestiere di attore. Ero ?l’unico di tre fratelli che aveva il permesso di stare con lei in cucina; non le piaceva avere gente intorno, la domenica per lei era sacra, passava le ore a tirare la pasta, a preparare il ripieno, a creare queste forme bellissime che per me erano vere opere d’arte. Quando ci sedevamo a tavola, già il primo boccone era la prova che Dio esisteva! Ogni domenica era un’esperienza straordinaria".

Michael si innamora del cinema sin da bambino. "Per noi andare al cinema era un evento straordinario, non potevamo permettercelo spesso e quindi era una giornata speciale. Indossavamo i nostri vestiti migliori e partivamo per il centro città; ricordo ancora i vecchi cinema tutti decorati, le tende e le poltrone di velluto rosso, l’organista che suonava prima della proiezione, il cartone animato e poi finalmente il film. I miei, essendo europei, guardavano molte pellicole straniere, anche in televisione. Mio padre amava Il dottor Stranamore di Stanley Kubrick. Spesso la sera ci permetteva di rimanere alzati fino a tardi per seguire i suoi programmi preferiti, gli piaceva ridere con le commedie inglesi, e io ero sempre quello che si addormentava per ultimo. Mia madre, invece, guardava tutti i film con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, recitava le battute a memoria: ho imparato l’italiano ascoltandola. La mia educazione cinefila è iniziata in una sala chiamata The New Yorker, dove proiettavano vari generi di film, dai classici a quelli indipendenti. Era lì che studiavo ogni pomeriggio, guardando almeno tre film di fila".

La passione per il cinema lo porta a frequentare il corso di teatro del liceo ed è allora che, attraverso il regista inglese Mike Newell, ottiene la sua prima parte televisiva: un’occasione che gli spalanca le porte della prestigiosa Juilliard School di New York, da cui comincia la sua carriera.Tante conoscenze, pochi i veri amici, fra cui il legame più vero con Julian Schnabel. "Julian mi ha aiutato parecchio, soprattutto quando lavoravo poco. Abbiamo tante passioni in comune, tra cui musica e pittura. Essere artisti significa realizzare le proprie ossessioni, più ci si avvicina e più l’esperienza è forte e indimenticabile, cataclismica e catartica allo stesso tempo".

Tra gli ultimi ruoli interpretati da Wincott, Forsaken, un western old style con sparatorie, vendette e riconciliazioni, diretto da Jon Cassar, accanto al suo idolo Donald Sutherland, al figlio Kiefer e a Demi Moore, e il segretissimo Knight of Cups di Terrence Malick. "Lavorare con Terrence ha coronato un mio sogno. Regista preparatissimo, filosofo, studioso, custode integerrimo delle proprie idee. Ha uno stile di regia completamente diverso da tutti gli altri, che è in qualche modo in contrasto con ciò che spesso viene richiesto a noi attori. Spesso sul set di Malick siete solo tu, lui e la telecamera, e ti ritrovi a dover abbandonare il filo narrativo per ricercare una recitazione più spontanea".

Fashion assistany Stephanie Kherlakian

Hair stylist Sheridan Ward@Walter SchupferManagement using Bumble and Bumble

Makeup artist  Nathan Hejl using Clarins

Si ringrazia per la location L’Hôtel d’Évreux - Potel et Chabot, Paris

Fashion Editor Robert Rabensteiner

Photo by Michel Comte

L'Uomo Vogue, novembre 2014 (n. 455)