Io sono la fine del mondo Recensione: Angelo Duro è scorretto ma troppo superficiale
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La comicità finalizzata alla provocazione dovrebbe innanzitutto essere soggetta a un certo studio e a una raccolta di informazioni, dato che solitamente si muove di pari passo con il periodo storico cui fa riferimento e con il suo soggetto sociale. In relazione a ciò, risulta centrale anche l'approfondimento della sensibilità contemporanea, così da contrapporsi alle regole morali in atto, sfidandone in qualche modo l'essenza scontata. In Io sono la fine del mondo, il nuovo film con Angelo Duro, diretto da Gennaro Nunziante e disponibile nei cinema italiani dal 9 gennaio 2025, sembra proprio mancare un'attenzione simile, scegliendo la strada della cattiveria generale, tornando coerentemente allo stile del comico al suo centro, senza spostarsi troppo da quella voce che lo contraddistingue fuori dal cinema.
Si resta costantemente sulla superficie con Io sono la fine del mondo, muovendosi nei meandri di un racconto che non trova mai una sua direzione e conformazione cinematografica, prediligendo un approccio votato alle battute scorrette e a un'amarezza di fondo che avrebbe sicuramente potuto dare e lasciare di più agli spettatori in sala. Nella spietatezza di una scrittura votata più all'impatto che alla forma concettuale, spiccano sicuramente alcune riflessioni interessanti, anche se lontane da qualsivoglia approfondimento di sorta o analisi oltre la verve cattivissima di un viaggio dal sapore sia distaccato che altalenante in molti suoi elementi (da ciò risultano curiosi e interessanti i numeri raccolti da Io sono la fine del mondo in termini di incassi).
Io sono la fine del mondo: cattiverie gratuite e poco nesso
Al centro di Io sono la fine del mondo troviamo il personaggio di Angelo (Angelo Duro), un giovane uomo che affronta la propria vita in modo distaccato ed estremamente sincero, freddo e crudele per certi versi, ma sempre e comunque votato a dire tutto quello che pensa senza filtro alcuno. Angelo vive a Roma e di mestiere fa l'autista, essendosi specializzato nei viaggi notturni in cui serve che qualcuno accompagni a casa gli adolescenti, per lo più ubriachi, che hanno fatto serata in città. Tutto cambia quando la sorella decide di andare in vacanza con il marito.
Il loro viaggio è stato organizzato e prenotato da un po', ma c'è un problema: a chi affidare gli anziani genitori? Onde evitare di mettere in casa loro una persona sconosciuta, sarà proprio Angelo a prendersi questa responsabilità, lasciando spazio e relax alla sorella. Tornato a Palermo e nella casa natia, però, sembra proprio che il suo obiettivo sia ben lontano da quello del bravo figlio premuroso. Ecco che l'occasione di un ricongiungimento inaspettato offre al nostro protagonista di Io sono la fine del mondo la chance di prendersi alcune rivincite personali su quelli che, a suo modo di vedere, sono stati soprusi subiti in famiglia in tenera età (in realtà si tratta di punizioni classiche che tutti i bambini possono ricevere prima o poi).
L'esasperazione alla base
La chiave comica di Io sono la fine del mondo, come si può evincere dallo stesso titolo del film, risiede proprio nel suo esasperare la realtà dei fatti, spingendo verso un'esagerazione cattiva e dai tratti meschini. Il problema è che questa resta sempre e comunque sulla superficie, senza mai andare oltre i vari spunti di riflessione che di tanto in tanto affiorano nella narrazione. Nel provocare, volutamente e consapevolmente, il film di Gennaro Nunziante non riesce mai a trovare una propria voce e dimensione, preferendo giocarsi tutte le sue carte con battute taglienti e momenti fra l'amaro e il provocatorio.
In un'alternanza di questo tipo, soltanto l'antipatia del protagonista principale si fa costante e coerente, presentando un quadro in cui tutto si muove abbastanza casualmente, finendo col perdersi in tante idee che restano nell'aria, sospese e purtroppo inconsistenti. Se da un lato la scrittura di Io sono la fine del mondo risulta esile e disimpegnata, dall'altro il film si ammanta totalmente della comicità di Angelo Duro, restituendo totalmente la bruciante identità di un comico che qui si pone al pubblico senza limiti o freni. In un processo del genere affiora l'amarezza di fondo, che pare voler in qualche modo smascherare la nostra stessa società di appartenenza, mettendone magari a nudo alcune palesi ipocrisie morali, senza però mai riuscirci fino in fondo.
Sembra quasi che il distacco esagerato del protagonista investa la stessa voce di una pellicola lontana e asettica, anaffettiva in alcune sue cose, distinguendosi più per il ritmo comico, fine a se stesso, che non per un lavoro che avrebbe dovuto totalizzarne gli intenti attraverso una scrittura più coesa. Ma anche in questo Io sono la fine del mondo provoca, lasciando o meno qualcosa con un finale che chiarisce una volta per tutte l'intento alla base del viaggio di cui il pubblico si fa testimone, abbracciando l'antipatia pura a discapito di tutto il resto. Il risultato si rispecchia nella stessa semplicità, a tratti vuota, della struttura del lungometraggio, restituendo situazioni sempre sopra le righe, sempre e comunque veicolate dallo stesso protagonista del racconto a contatto con un mondo che è il nostro e sempre pronto a metterlo sulla graticola.
A mancare, in Io sono la fine del mondo, però, sono gli spunti oltre le frasi taglienti e i momenti più inaspettati, e mentre ogni cosa viene presa di mira in base alle situazioni, dispiace vedere questa cattiveria di fondo veicolata soltanto a livello parziale e mai impegnata, ma comunque tagliente e difficile da gestire anche per le persone al cinema. Gli spunti ci sono tutti, come anche la riconoscibilità di fondo di un protagonista che resta legato alla sua voce, perdendosi però in una pellicola che si prende beffa di tutto, anche della sua stessa natura cinematografica.