Ebbe rinomanza in particolare fra il Trecento e il Cinquecento grazie all'attività di condottieri, militari, politici e diplomatici. Nel Quattrocento si trasferì in Lombardia, dove ottenne il feudo di Belgiojoso e, nel 1769, il titolo principesco.
Alcuni storiografi fanno risalire l'origine della famiglia ad un Everardo (o Eberardo), figlio del re longobardoDesiderio, che ricevette il titolo di Conte di Cunio.
I Cunio risiedettero in una rocca posta nelle vicinanze del fiume Senio, nella Bassa Romagna. Nel 1296 la rocca di Cunio fu completamente distrutta dai faentini, loro storici nemici. I conti si trasferirono nella vicina Barbiano, iniziando una nuova discendenza.
Dopo il trasferimento dei Cunio a Barbiano (1296), la nuova discendenza fu iniziata da Rainiero.
Nella Descriptio provinciæ Romandiolæ, censimento fiscale dei territori settentrionali dello Stato della Chiesa redatto nel 1371, è menzionato Pietro conte di Cunio e signore di Zagonara. Suo nipote Alidosio militò nella "condotta" di Guido da Vimercate per conto di Bernabò Visconti, signore di Milano. Morì nella difesa del castello di famiglia, assaltato nel maggio 1385 da milizie bolognesi e ferraresi[3].
I due figli legittimi di Alidosio, Giovanni e Alberico, seguirono le orme paterne: il primo miliò sotto Venezia, mentre il secondo, che divenne il personaggio più illustre della famiglia, fu al soldo del papa Urbano VI (da cui ottenne l'ampliamento dei feudi romagnoli), di Gian Galeazzo Visconti e del re Ladislao I di Napoli. La figlia femmina, Lippa, andò in sposa ad Obizzo Pepoli. Pochi giorni dopo l'assalto del 1385, Giovanni ed Alberico intervennero a difesa del castello: seppellirono il padre, poi catturarono tutti i miliziani bolognesi e il comandante ferrarese.
Condottiero e capitano di ventura, Alberico da Barbiano fondò la compagnia di San Giorgio, prima compagnia di ventura interamente composta da milizie italiane, in un'epoca in cui nella penisola dominavano eserciti composti da soldati stranieri, ed è quindi ritenuto dai cronisti del tempo e dagli storici dei secoli successivi il primo restauratore della milizia italiana[4]. Nel 1379 fu chiamato da papa Urbano VI e da Caterina da Siena a schierarsi in difesa di Roma contro i bretoni[5]. Nella battaglia di Marino tra papato e bretoni riuscì a sconfiggere il nemico straniero ottenendo il titolo di "cavaliere di Cristo" e la carica di "senatore dello Stato della Chiesa. Il papa gli conferì inoltre un grande stendardo bianco attraversato da una croce rossa con la dicitura "LI. IT. AB EXT." ("liberata Italia ab exteris", ovvero "liberata l'Italia dagli stranieri"), che divenne il motto della famiglia e parte dello stemma del casato.
Nel 1403papa Bonifacio IX nominò legato per Bologna e la Romagna il cardinale Baldassarre Cossa, affidandogli l'incarico di recuperare i territori perduti dalla Chiesa[6]. Alberico, capitano delle milizie pontificie in Romagna, ne approfitta per assaltare Faenza, dominata dai Manfredi. La città cede e i Manfredi partono per l'esilio a Rimini (1404).
Nel 1405 i Da Barbiano possedevano i seguenti castelli: Barbiano, Zagonara, Lugo, Massa Lombarda, Cotignola, Granarolo, Riolo, Castel Bolognese e, nell'imolese, Tossignano, Monte Catone, Dozza e Fiagnano[7]. Quell'anno cominciò uno scontro con il legato pontificio che, in capo a pochi anni, segnò il destino del castello di famiglia. Bologna era stata colpita da una grave carestia. Il cardinale aveva acquistato una grossa partita di grano nelle Marche. Il carico, diretto a Bologna, passò dalla Romagna. Qui fu intercettato da Alberico e non giunse mai nel capoluogo felsineo. Il legato pontificio si recò di persona a trattare con il condottiero. Alberico chiese al Cossa 10.000 ducati d'oro e la conferma dei castelli che possedeva. Il cardinale rifiutò la proposta e trovò un accordo con Firenze.
Convocato un consiglio generale a Bologna, Baldassarre Cossa dichiarò guerra ad Alberico. Le milizie bolognesi attaccarono i possedimenti dei Da Barbiano. Furono prese: Dozza, Castel Bolognese e Massa Lombarda (luglio 1405). In settembre le due parti concordarono una tregua. Nel 1408 Alberico fu chiamato a Napoli da re Ladislao e lasciò la Romagna. Nello stesso anno il cardinale Cossa scampò a una congiura; i colpevoli furono mandati a morte. Tra essi vi era Manfredo, uno dei figli di Alberico, che si rifugiò nella rocca di Castel Bolognese. In ottobre la rocca venne espugnata dalle milizie della Chiesa e abbattuta; Manfredo scampò alla cattura fuggendo a Lugo. Il fratello Lodovico si pose al fianco del legato pontificio ed assediò la rocca di Lugo. Manfredo fuggì di nuovo e riparò in Puglia, dove raggiunse il padre Alberico. Il legato pontificio assegnò al fratello Lodovico la titolarità dei castelli che rimanevano in possesso della famiglia: Zagonara, Guercinoro, Sant'Agata e Massa Lombarda (12 novembre 1408). Successivamente le milizie della Chiesa ottennero Riolo e Tossignano[8].
Nel 1409 il Cossa radunò il maggior numero possibile di uomini in armi e di pezzi d'artiglieria e mosse verso Barbiano, deciso ad assediare il castello. Il 16 maggio ottenne la resa. Successivamente occupò Cotignola e Solarolo. In giugno ordinò l'abbattimento del castello, che fu raso al suolo[9]. Per gli incroci del destino, nello stesso periodo Alberico trovò la morte in Etruria; non poté quindi tornare in Romagna per difendere la propria città.
Uno dei figli di Lodovico, Alberico II, si distinse dapprima al servizio di Bologna e del papa, poi di Venezia, di Siena e soprattutto del duca di Milano Filippo Maria Visconti, dal quale ottenne il 29 novembre 1431 il castello di Belgiojoso, un vasto feudo nei pressi di Pavia. Qualche anno dopo venne inviato in Romagna a combattere contro fiorentini e veneziani, alleati tra loro e col papa. Vinse la prima battaglia, presso Castel Bolognese, ma i nemici si riorganizzarono e, assegnato il comando a Francesco Sforza, sconfissero i milanesi. Alberico si asserragliò dentro la rocca di Lugo ma, dopo un lungo assedio, dovette arrendersi (1436).
L'anno seguente papa Eugenio IV concesse Lugo in feudo al fedele alleato Nicolò III d'Este. Seguirono nel 1440 Massa Lombarda, Bagnacavallo e Conselice. I Da Barbiano persero così tutti i territori posseduti in Romagna[10].
Nel 1431 la famiglia, retta da Alberico II, figlio di Lodovico fu cacciata dalle milizie milanesi da Lugo e costretta a lasciare la Romagna per trasferirsi in Lombardia, stabilendosi nel feudo di loro possesso di Belgioioso presso Pavia, aggiungendo dal 1514 la dicitura "di Belgiojoso" al proprio cognome.
Nel 1514Carlo da Barbiano abbinò il nome del borgo al proprio cognome e sotto la dicitura "Barbiano di Belgiojoso" la famiglia fu iscritta nel 1566 nel patriziato milanese, oltre che insignita del titolo di “Grandi di Spagna” e di "Principi" poi (1796).
Carlo, nipote di Alberico II, fu governatore di Pavia e ambasciatore sforzesco alla corte di Francia; suo figlio Ludovico fu fatto da Carlo V governatore di Milano, mentre Pierfrancesco fu governatore di Lodi e Cremona e capitano di Milano. Questi due fratelli aggiunsero ai vari possessi della famiglia le signorie di San Colombano al Lambro e di Confienza.
Nel 1606 si diramò in due rami, che discendono dai fratelli Alberico e Galeotto, figli di Ludovico (1556-1590), poeta e musicante, dotto nelle lingue greca ed ebraica, cavaliere di sant'Jago, a sua volta figlio di Piefrancesco.
Un altro figlio di Ludovico, Giovan Giacomo (1565-1626), combatté nelle Fiandre come commissario generale di cavalleria spagnola.[11]
Il castello di Belgioioso fu trasformato una dimora principesca: vi venne imprigionato il re di Francia Francesco I, sconfitto dall'esercito imperiale nella battaglia di Pavia del 1525. La famiglia promosse l'agricoltura nel territorio circostante e intorno al castello si sviluppò un borgo.
Antonio (1693-1779), ambasciatore, ciambellano e consigliere imperiale, ottenne nel 1769 dall'imperatore Giuseppe II il titolo di principe del Sacro Romano Impero e di Belgiojoso, con il diritto di battere moneta d'oro e d'argento con la propria effigie.
Il figlio primogenito del principe Antonio, Alberico XII (1725-1813), fu identificato da alcuni con il "giovin signore" de Il giorno di Giuseppe Parini[12]. Fu consigliere imperiale, generale, cavaliere del Toson d'oro e della Corona ferrea e primo prefetto dell'accademia di Brera.
Fu amico di artisti e di letterati (tra cui Foscolo e lo stesso Parini) e bibliofilo: la sua biblioteca e la sua raccolta di stampe sono ora conservate alla Biblioteca Trivulziana di Milano.
Avendo sposato Anna Ricciarda d'Este, figlia di Carlo Filiberto II d'Este di San Martino ed erede del vicariato di Belgioioso (che prendeva nome da tale località ma non la comprendeva, avendo per capoluogo Corteolona), unì alla propria signoria quella della moglie e associò al nome della famiglia quello della consorte, assumendo il cognome "Barbiano di Belgiojoso-Este".
Ottennero successivamente il titolo di Principi di Belgiojoso-Este suo figlio Rinaldo, ciambellano imperiale, e i suoi nipoti Emilio (marito di Cristina Trivulzio, patriota italiana dell'Ottocento), Luigi e Antonio Alberico; con il figlio di quest'ultimo, Emilio (deceduto nel 1944) il ramo principesco della famiglia si estinse. Con la dipartita della consorte Maddalena, nata viscontessa Desmaniet de Biesme, il 6 settembre 1951 a San Colombano al Lambro, il castello Belgiojoso, ivi ubicato, venne donato all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (maniero attualmente proprietà del Comune).[13]
Il ramo cadetto di linea comitale, discende da Galeotto Barbiano di Belgiojoso (1568-1626), nipote di Pierfrancesco il quale, ex uxore, ottenne il diritto di aggiungere al proprio i cognomi Boccardi Quarterio per acquisire l'eredità di quelle casate. Il ramo familiare è stato attivo nella città di Milano e nell'Ordine di Malta col titolo di conti di Belgioioso. I membri della famiglia parteciparono e si distinsero particolarmente nelle guerre d'indipendenza italiane.
I conti del ramo Barbiano Boccardi Quarterio furono:
Galeotto (1570-1626), I conte di Belgioioso
Lodovico (1611-1632), II conte di Belgioioso
Francesco (1614-1670), III conte di Belgioioso, fratello del precedente
Giovanni Guglielmo (1639-1691), IV conte di Belgioioso
Galeotto (1643-1705), V conte di Belgioioso, fratello del precedente
Francesco (1679-1749), VI conte di Belgioioso
Galeotto (1713-1796), VII conte di Belgioioso
Francesco (1748-1829), VIII conte di Belgioioso, uno dei "LX decurioni" di Milano ostaggio dei francesi nel 1796 e componente dal 1816 del consiglio comunale di Milano.
Galeotto (1781-1836), IX conte di Belgioioso
Giuseppe (1814-1895), X conte di Belgioioso
Giuseppe (1872-1911), XI conte di Belgioioso, nipote del precedente
Eugenio (1879-1955), XII conte di Belgioioso, fratello del precedente
Carlo (1877-1959), XIII conte di Belgioioso, cugino del precedente
Giampiero (1911-1983), XIV conte di Belgioioso
Scipione (1902-1991), XV conte di Belgioioso, cugino del precedente, notaio, sindaco di Erba, fondatore del CLN di Erba, gran croce in obbedienza del SMO di Malta e delegato granpriorale di Lombardia
Lodovico (1909-2004), XVI conte di Belgioioso, cugino del precedente, architetto e fondatore dello studio BBPR, autore della Torre Velasca di Milano e del restauro del Palazzo Reale nonché del Castello sforzesco di Milano, membro della Royal Society of Arts di Londra, poeta e partigiano liberale deportato nel campo di concentramento nazista di Mauthausen durante la seconda guerra mondiale
Alberico (n. 1938), XVII conte di Belgioioso
Alla famiglia appartennero anche:
La facciata occidentale del castello di Belgioioso.Luigi Barbiano di Belgiojoso (1803-1882), patriota, primo podestà di Milano nel 1859 per decreto di Vittorio Emanuele II e senatore del Regno d'Italia nel 1860.
Carlo Barbiano di Belgiojoso (1815-1881), pittore della scuola dell'Hayez e romanziere, presidente dell'accademia di Brera a Milano e senatore nel 1875.
Giuseppe Barbiano di Belgiojoso (1924-2022) consigliere comunale DC a Milano negli anni sessanta e vicepresidente del Teatro alla Scala nei decenni settanta/ottanta.
La biblioteca e l'archivio dei Barbiano di Belgiojoso confluirono nel 1864 nella Biblioteca Trivulziana.
La collezione Belgiojoso di pittura fiamminga e olandese del Seicento, raccolta dal conte Lodovico, è esposta presso le Civiche collezioni d'arte nel Castello Sforzesco di Milano.
In Lombardia: principi del Sacro Romano Impero, principi di Belgiojoso, grandi di Spagna, marchesi d'Este e di Grumello, conti e signori di Belgiojoso, conti del Sacro Romano Impero, consignori del vicariato di Belgiojoso, signori di Merlino, Confienza e San Colombano, patrizi di Milano (con trattamento di don e donna).
I Belgiojoso associarono in passato per la linea principesca il cognome Visconti-Trivulzio, mentre per quella comitale il cognome Boccardi-Quarterio.
Sono riportati i membri titolati della famiglia[15].
^"... altri ne pongono le radici in epoca longobarda, con un Eberardo, figlio del re Desiderio e conte di Cunio, Barbiano e Lugo..."
^Dante Alighieri, Divina Commedia, Purgatorio, canto XIV: Ben fa Bagnacaval, che non rifiglia, e mal fa Castrocaro, e peggio Conio, che di figliar tai conti più s'impiglia.
^Mario Tabanelli, Romagna medievale. I conti di Cunio e di Barbiano, Faenza, Longo, 1972, pp. 94-95.
^ Ricotti, Ercole, Storia delle Compagnie di ventura in Italia, Roma, 1965, p. 213.
^E. Ricottì, Storia delle Compagnie di Ventura, II, Torino 1844, pp. 169
^http://www.classicitaliani.it/parini/critica/dominici_prefazione_parini.htmArchiviato l'11 febbraio 2012 in Internet Archive. "Fu detto che nel 1763, appena uscito Il Mattino, alcuni nobili signori, scottati dal vedersi rappresentati così al vivo nei versi del Poeta, e dall'essere segnati a dito dal volgo, gli abbiano fatte varie minacce, e che il principe Alberico di Belgioioso; additato pel Giovin Signore, gli abbia mandato a dire si guardasse bene dal pubblicare Il Mezzogiorno, se aveva caro veder la sera".
^Vincenzo Rizzo Zambonini dei Ritii, «Barbiano di Belgiojoso. Genealogia di una famiglia (Vol. 1)», Milano2020 - p. 95.
^Vincenzo Rizzo Zambonini dei Ritii, op. cit. – p. 79.
^V. Spreti, Enciclopedia Storico-nobiliare italiana, Milano 1928-1930, rist. Bologna, 1969; Consulta araldica del Regno d'Italia, Libro d'Oro della nobiltà italiana-Serie aggiornata, annate varie
Benaglio, Giuseppe (1716), La verità smascherata. Dignità e venture di 398 famiglie nobili lombarde, piemontesi, ticinesi e d'altre terre e città d'Italia nei ranghi del patriziato milanese tra XIV e XVIII secolo secondo il manoscritto del 1716-19, ed. (2009), Germignaga, Magazzeno Storico Verbanese.