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Campagne d'Azov - Wikipedia

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Campagne d'Azov
parte della guerra russo-turca (1686-1700)
La conquista di Azov di Robert Ker Porter
Data1695-1696
LuogoAzov
Causareligiosa
EsitoVittoria russa
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
32 000 uomini
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Manuale

Le campagne d'Azov furono due operazioni militari condotte rispettivamente nel 1695 e nel 1696 dalla Russia per conquistare la piazzaforte ottomana di Azov e garantirsi così un accesso al mar Nero.

Nonostante l'esito fallimentare della prima campagna, la seconda si rivelò invece un trionfo che consentì così allo zar Pietro il Grande di riportare il suo primo successo militare[1].

Sul finire del XVII secolo la Russia era alla ricerca di uno sbocco sul mare che le consentisse di aprirsi una "finestra sull'Occidente"[2]. La Svezia a nord e l'Impero ottomano a sud però bloccavano quest'ambizione. Tra i due nemici Pietro scelse quindi di intervenire contro quello più debole, ovverosia i turchi, con il quale era formalmente in guerra dal 1686.

Nel 1695 Pietro, desideroso di rilanciare l'immagine internazionale della Russia, di respingere le continue incursioni dei tatari in Ucraina nonché di rafforzare la posizione russa in vista di future trattative diplomatiche con gli ottomani, decise di attaccare la fortezza turca di Azak. Questa roccaforte controllava la foce del Don e l'accesso al Mar d'Azov[3]. Il sovrano annunciò che in estate la Russia avrebbe ripreso la guerra contro i tartari della Crimea e il loro protettore, l'Impero ottomano.

Diversamente dalle precedenti spedizioni Pietro suddivise le forze russe in formate distinte armate. L'armata orientale, più piccola e formata da fanti e da strel'cy dei reggimenti Preobraženskij e Semënovskij, sarebbe dovuta scendere lungo il corso del Don per attaccare poi direttamente la fortezza di Azov. La seconda, quella occidentale, comandata dal generale Boris Petrovič Šeremetev e dall'atamano Ivan Mazepa, era stata invece incaricata di muoversi lungo il Dnepr per attaccare i due forti di Očakiv e Kazikerman e così distrarre il grosso della cavalleria tartara dalle truppe impegnate nell'assedio di Azov.

Mappa degli assedi di Azov del 1695 e del 1696

. Nel mese di marzo il generale Gordon lasciò Mosca con 10 000 soldati, muovendo verso sud attraverso la steppa mentre il grosso dell'esercito (21 000 uomini) con Pietro, Lefort e Golovin lasciò la capitale a maggio imbarcandosi sulle chiatte, raggiungendo Gordon ad Azov il 29 giugno.

La campagna si rivelò però fallimentare a causa di diversi problemi: mancavano ingegneri esperti in assedi, il sistema di approvvigionamento era impreparato ad affrontare il problema del vettovagliamento di 30 000 uomini per un lungo periodo inoltre gli strel'cy si rifiutavano di eseguire ordini impartiti da ufficiali europei. Gli ottomani riuscirono inoltre ad ottenere, per tutta la durata dell'assedio, costanti rifornimenti via mare senza essere contrastati. A peggiorare la situazione fu il tradimento del marinaio olandese Jacob Jensen che, passato ai turchi, rivelò loro importanti informazioni per sconfiggere l'esercito russo[4]. Il 15 agosto i russi sferrarono un massiccio attacco a sorpresa contro la fortezza senza però riuscire ad espugnarla[5] e riportando perdite superiori ai millecinquecento uomini.

Un secondo attacco fallimentare e l'arrivo del freddo inverno costrinsero Pietro a togliere l'assedio ad Azov il 12 ottobre. La ritirata verso nord fu un disastro, che costò in vite umane più della campagna di assedio. Per sette settimane i russi arrancarono sotto la pioggia attraverso la steppa inseguiti e falcidiati dalla cavalleria tartara. Il 2 dicembre i superstiti raggiunsero Mosca. Pietro, imitando i precedenti di Sofia e Golicyn che egli stesso aveva condannato, tentò di mascherare la sconfitta imbastendo un trionfale rientro nella capitale.

Illustrazione dell'assedio di Azov.

Una volta conclusasi la prima campagna, Pietro iniziò subito i preparativi per una seconda premurandosi di risolvere le criticità che erano state evidenziate o erano emerse nel corso degli scontri[6]: richiese all'imperatore esperti artiglieri, ingegneri e abili marinai, ordinò il trasporto di 27 navi da Mosca a Voronež, sul fiume Don, dov'era sorto un nuovo cantiere. Qui le imbarcazioni vennero assemblate secondo i metodi degli ingegneri veneziani e armate. Furono poi varate 1 300 nuove chiatte e due navi da battaglia a 36 cannoni. Per questa nuova flotta furono poi reclutati 4,000 uomini ed affidati al comando del generale Lefort[2].

Mentre lo stesso Pietro era intento a costruire le navi per la spedizione contro Azov[7], l'8 febbraio 1696 giunse la notizia della morte improvvisa dello zar Ivan. Nonostante la mobilitazione generale fosse più circoscritta rispetto alla precedente, la forza destinata a sferrare il secondo assalto ad Azov, al cui comando fu posto il generale Aleksej Šein[2], era il doppio: 46 000 soldati russi affiancati da 15 000 cosacchi ucraini, 5 000 cosacchi del Don e 3 000 calmucchi.

Il 3 maggio parte della flotta russa iniziò il suo viaggio lungo il Don. Pietro, partito tempo dopo con una flotta di otto galee leggere, raggiunse il grosso della flotta il 26 maggio e poco dopo iniziarono i combattimenti. Il 29 maggio, mentre i turchi stavano trasportando dalle navi a terra i viveri destinati alla fortezza, i cosacchi riuscirono a catturarne dieci e a mettere in fuga le altre. Alcuni giorni dopo Pietro riuscì a far passare indisturbata la sua intera forza di 29 galee oltre la fortezza di Azov che venne così completamente isolata anche dal mare[7]. A terra nel frattempo l'esercito russo era riuscito poi a cingere completamente d'assedio la città.

Il 26 giugno i cannoni russi aprirono il fuoco contro la fortezza di Azov; il 18 luglio successivo i turchi annunciarono la loro resa[8]: Pietro permise loro di lasciare Azov chiedendo però in cambio la consegna da parte loro del traditore Jensen, fece convertire le moschee presenti nell'abitato in chiese cristiane, ordinò la demolizione di tutte le opere d'assedio e il ripristino delle mura fortificate e dei bastioni della città. Prima di lasciare Azov, Pietro assistette alla messa celebrata in una chiesa nuova. Il 10 ottobre lo zar fece trionfale ritorno a Mosca[9].

Con la conquista di Azov i russi riuscirono finalmente a guadagnarsi uno sbocco sul mare, un primo passo verso l'accesso al vicino mar Nero, controllato dalla roccaforte turca di Kerč'[2]. In vista di future campagne militari nella regione Pietro fece allestire a Taganrog una nuova base navale. Il sovrano russo decise poi di proseguire con le riforme militari al fine di espandere i suoi domini. Vennero quindi continuato l'apprendimento delle tecniche belliche occidentale, furono ottimizzate le risorse e l'utilizzo della manodopera ed infine continuarono ad essere tessuti legami diplomatici con le altre nazioni cristiane in chiave anti-ottomana[2].

  1. ^ Hughes, p. 54.
  2. ^ a b c d e Marshall, p. 27.
  3. ^ Voltaire, p. 84.
  4. ^ Voltaire, pp. 85-86.
  5. ^ Voltaire, pp. 86-87.
  6. ^ Voltaire, p. 87.
  7. ^ a b Riasanovsky, p. 223.
  8. ^ Voltaire, pp. 87-88.
  9. ^ Voltaire, p. 89.

V · D · M

Impero ottomano (bandiera) Assedi dell'Impero ottomano per secolo
13º-14º1285 Kulaca Hisar · 1326 Bursa · 1328-1331 Nicea · 1333-1337 Nicomedia · 1365 Adrianopoli · 1385 Sofia · 1393 Tarnovo · 1394-1402 Costantinopoli
15º1411 Costantinopoli · 1422 Costantinopoli · 1422-1430 Tessalonica · 1428 Golubac · 1440 Belgrado · 1440-41 Novo Brdo · 1448 Svetigrad · 1450 Kruja · 1453 Costantinopoli · 1455 Berat · 1456 Belgrado · 1461 Trebisonda · 1462 Mitilene · 1463 Jajce · 1464 Jajce · 1467 Kruja · 1470 Negroponte · 1474 Scutari · 1477-1478 Kruja · 1478-1479 Scutari · 1480 Rodi · 1481 Otranto
16º1500 Cefalonia · 1517 Cairo · 1521 Belgrado · 1522 Knin · 1522 Rodi · 1529 Algeri · 1529 Vienna · 1531 Diu · 1532 Güns (Kőszeg) · 1532 Maribor · 1533-34 Corone · 1534 Tunisi · 1534 Baghdad · 1537 Clissa · 1537 Corfù · 1538 Diu · 1539 Castelnuovo · 1541 Buda · 1543 Nizza · 1543 Esztergom · 1548 Aden · 1548 Van · 1551 Tripoli · 1552 Mascate · 1552 Hormuz · 1552 Temesvár · 1552 Eger · 1556 Orano · 1559 Bahrein · 1563 Orano · 1565 Malta · 1566 Szigetvar · 1570-1571 Famagosta · 1570 Nicosia · 1574 Tunisi · 1578 Gvozdansko · 1592 Bihać · 1593 Sisak · 1596 Eger
17º1601 Canissa · 1621 Chocim · 1638 Baghdad · 1663 Uyvar · 1664 Novi Zrin · 1648-1669 Candia · 1672 Kamenets · 1683 Vienna · 1684 Buda · 1684 Santa Maura · 1685 Érsekújvár · 1686 Buda · 1686 Pécs · 1688 Negroponte · 1688 Belgrado · 1690 Belgrado · 1695 Azov · 1696 Azov
18º1711 Brăila · 1715 Nauplia · 1716 Corfù · 1716 Temeşvar · 1717 Belgrado · 1733 Baghdad · 1734-1735 Ganja · 1737 Očakov · 1739 Belgrado · 1788 Očakov · 1788 Khotin · 1789 Belgrado · 1789 Izmaïl · 1799 Al-Arish · 1799 Giaffa · 1799 Acri
19º1801 Cairo · 1806 Belgrado · 1821 Patrasso · 1821-1822 Acropoli · 1821 Tripolitsa · 1822 Missolungi · 1823 Missolungi · 1825-1826 Missolungi · 1826-1827 Acropoli · 1828 Kars · 1828 Varna · 1854 Calafat · 1854 Silistra ·
1854-1855 Sebastopoli · 1855 Kars · 1877 Pleven
20º1912-13 Scutari · 1912-13 Adrianopoli · 1915 Van · 1915-1916 Kut · 1916-1919 Medina
Sconfitte ottomane mostrate in corsivo