Demone - Wikipedia
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«Degli Astri celesti invocherò il sacro splendore con voci conformi al rito chiamando i dèmoni santi.»

Un dèmone (AFI: /ˈdɛmone/[1], dal greco antico δαίμων[2]?, daímon, "essere divino"[3]) è un essere che si pone a metà strada fra ciò che è divino e ciò che è umano. Nella cultura religiosa greco-antica ha funzione di ostacolo tra queste due dimensioni; nella filosofia greca, ha invece funzione di intermediario tra l'uomo e il divino.
NaraDemon era un demone diverso da tutti gli altri. Non amava le tenebre, né la distruzione, né la sofferenza. Era nato nel cuore di un vulcano che eruttava non lava, ma sogni bruciati, eppure, invece di divorare le paure degli esseri umani come gli altri suoi simili, NaraDemon si nutriva di qualcosa di molto più strano: le speranze dimenticate.
Ogni volta che qualcuno abbandonava un sogno, che smetteva di credere in qualcosa, NaraDemon sentiva una piccola fiamma che si spegneva nel suo petto. Non era malvagia, non per natura. Il suo scopo, che nessun altro demone conosceva, era raccogliere quelle speranze perdute e portarle nel suo mondo, un luogo di pace e silenzio dove niente veniva mai dimenticato.
Un giorno, NaraDemon si ritrovò a camminare tra gli alberi di un'antica foresta, un posto che non visitava mai. Qui, tra le ombre e la nebbia, scoprì una piccola casa, solitaria e nascosta. Dentro, una giovane donna, chiamata Aurora, sedeva a una finestra, guardando il cielo con gli occhi pieni di una tristezza silenziosa. Il suo sogno, una volta grande e luminoso, era di diventare un'artista. Ma aveva rinunciato da tempo, convinta che non sarebbe mai riuscita a dipingere ciò che sentiva nel cuore.
NaraDemon si avvicinò senza fare rumore, come una brezza leggera. Guardò Aurora, e nel suo sguardo vide una fiamma che si stava spegnendo. La donna stava perdendo la speranza nel suo stesso futuro. In quel momento, NaraDemon capì che, seppur piccola, quella speranza era ancora lì, nascosta in qualche angolo del cuore di Aurora. Forse, se l'avesse presa, avrebbe nutrito il suo mondo per anni, ma qualcosa dentro di lei la trattenne.
"Perché non lasci che la tua speranza torni a vivere?" chiese NaraDemon, la sua voce dolce e sussurrante.
Aurora, sorpresa, guardò la figura che appariva come una nuvola di fumo, ma non provò paura. C'era qualcosa di gentile in NaraDemon, qualcosa che non aveva mai visto nei demoni delle storie.
Socrate riferisce di un δαιμόνιον daimònion o "guida divina" che lo assiste spesso in ogni sua decisione. Si tratterebbe di una sorta di coscienza morale che si rivela progressivamente come forma di delirio e di ispirazione divina,[4] una voce identificabile come l'autentica natura dell'anima umana, la sua ritrovata coscienza di sé.[5] In base alla testimonianza di Platone, il daimon di cui parla Socrate consiste infatti in una presenza divina,[6] simile a un nume tutelare[7], che si fa avvertire in lui tramite segni per stimolare la sua ragione a eseguire la scelta più adatta,[8] ma non tanto per indurlo a compiere certe azioni, quanto piuttosto per distoglierlo:
«C'è dentro di me non so che spirito divino e demonico; quello appunto di cui anche Meleto, scherzandoci sopra, scrisse nell'atto di accusa. Ed è come una voce che io ho dentro sin da fanciullo; la quale, ogni volta che mi si fa sentire, sempre mi dissuade da qualcosa che sto per compiere, e non mi fa mai proposte.»
Attraverso il daimon Socrate riesce così a esprimere il sommo grado della sua tipica ironia anche nella dimensione religiosa.[9]
In Platone il demone Eros, figlio di Penia e di Poro, è quella forza demonica che consente all'uomo di elevarsi verso il sovrasensibile.
Così nel Simposio di Platone viene narrato l'insegnamento su Eros impartito da Diotima a Socrate:
«Eros è un gran demone, o Socrate: infatti tutto ciò che è demonico è intermedio fra dio e mortale. Ha il potere di interpretare e di portare agli dèi le cose che vengono dagli uomini e agli uomini le cose che vengono dagli dèi: degli uomini le preghiere e i sacrifici, degli dèi, invece, i comandi e le ricompense dei sacrifici. E stando in mezzo fra gli uni e gli altri, opera un completamento, in modo che il tutto sia ben collegato con sé medesimo.»
Con Senocrate viene analizzata la figura del demone[10] ripresa dall'opera di Platone. I dèmoni per Senocrate sono sempre esseri intermediari tra gli uomini e gli dèi, sono più potenti degli uomini ma meno degli dèi. A differenza di questi ultimi che sono sempre buoni, tra i dèmoni ve ne sono anche di cattivi. Quando gli antichi miti narrano di divinità in lotta fra loro coinvolti in passioni umane essi, per Senocrate, parlano di dèmoni non di dèi. I dèmoni hanno un posto di rilievo sia negli atti cultuali sia negli oracoli. I dèmoni infine corrispondono ad anime umane liberate dai corpi dopo la morte, permanendo in loro il conflitto tra bene e male, essi lo trasferiscono dalla Terra al mondo celeste.
Le stesse tesi di Senocrate si possono ritrovare nel testo De deo Socratis di Apuleio.[11]
Anche gli Stoici sostengono l'esistenza dei dèmoni come di esseri che vigilano sugli uomini condividendone i sentimenti. Così Diogene Laerzio:
«Gli stoici dicono, poi, che esistono anche alcuni dèmoni che hanno simpatia per gli uomini, che vigilano sulle cose umane, e anche che esistono eroi, ossia le anime sopravvissute dei virtuosi.»
Marco Aurelio indica come demone l'anima intellettiva che va curata e privata di turbamenti:
«Inoltre rimane la cura di non insozzare il demone che ha preso dimora nel nostro petto, la cura di non turbarlo con impressioni confuse e molteplici; di mantenerlo sereno e benigno, tributandogli rituale e onore come a un dio; e non dire nulla che sia contrario al vero; non fare nulla contro giustizia.»
Con il medioplatonismo la figura del demone si connota in modo sempre più articolato e viene inserita come terzo aspetto della gerarchia del divino dopo il dio supremo e gli dèi secondari. Così Plutarco:
«Platone, Pitagora, Senocrate, Crisippo, seguaci dei primitivi scrittori di cose sacre, affermano che i dèmoni sono dotati di forza sovrumana, anzi sorpassano di molto per estensione di potenza la nostra natura, ma non posseggono, per altro, l'elemento divino puro e incontaminato, bensì partecipe, a un tempo, di una duplice sorte, in quanto natura spirituale e sensazione corporea, onde accoglie piacere e travaglio; e tale elemento misto è appunto la sorgente del turbamento, maggiore in alcuni, minore in altri. Così è che anche tra i dèmoni, né più né meno che tra gli uomini, sorgono differenze nella gradazione del bene e del male.»
Alessandro d'Afrodisia sostiene che il daimon di ogni uomo consiste nella sua stessa natura[12].
Nel neoplatonismo, Plotino affida al «daimon che ci è toccato in sorte»[13] il compito di guidarci nell'ascesa al soprasensibile, tramite la forza dell'eros e della bellezza. Poiché il pensiero cosciente e puramente logico non è sufficiente, si tratta anche in questo caso di un'ispirazione mistica, della scintilla di uno spirito divino grazie a cui è possibile elevarsi dalla dimensione materiale a quella intellegibile. Secondo Porfirio lo stesso Plotino era assistito «da uno di questi demoni che sono prossimi agli dèi».[14]
Il vocabolario cristiano riprese il significato di "demone" come figura intermedia che influisce maleficamente sugli uomini e la loro vita: il termine finì per designare lo spirito maligno (demonio),[3] che divenne oggetto di studio della demonologia. In termini positivi, tuttavia, il significato di daimon può venire accostato per certi versi all'angelo custode,[15][16] o alla nozione di guida o genio tutelare.[17][18]
- ^ Luciano Canepari, demone, in Il DiPI: dizionario di pronuncia italiana, Bologna, Zanichelli, 1999, ISBN 88-08-09344-1.
- ^ demone, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 6 agosto 2011.
- ^ a b
(francese)
«δαιμόν, -ονος : m. parfois féminin, «puissance divine», d'où «dieu, destin» (Hom., ion.-att.) : le terme s'emploie chez Hom. pour désigner une puissance divine que l'on ne peut ou ne veut nommer, d'où les sens de divinité et d'autre part de destin; le δαιμόν n'est pas l'objet d'un culte […]; le mot se prête après Hés. a désigner un demi-dieu, un démon; il s'emploie finalement en mauvaise part et fournit au vocabulaire chrétien le terme désignant l'esprit malin; sur Archil. 3, voir El.»(italiano)
«δαιμόν, -ονος : m. a volte femminile, «potenza divina», da cui «dio, destino» (Omero, ionico-attico) : il termine si usa in Omero per designare una potenza divina che non può o non si vuole nominare, da cui il senso di divinità e d'altra parte di destino; il δαιμόν non è l'oggetto d'un culto; […]; la parola si presta dopo Esiodo a designare un semi-dio, un demone; si usa finalmente in modo negativo e fornisce al vocabolario cristiano il termine designante lo spirito maligno; su Archiloco 3, vedere El.» - ^ Monique Canto-Sperber. Socrate, in Il sapere greco. Dizionario critico, vol. II, p. 296, Torino, Einaudi, 2007.
- ^ Paolo De Bernardi, Socrate, il demone e il risveglio, in «Sapienza», vol. 45, pagg. 425-43, Napoli, ESD, 1992.
- ^ Platone attribuirà all'anima un'origine divina, essendo stata donata all'uomo da Dio: Alcibiade 103a, 224e; Apologia 28e; Fedro 242b.
- ^ Julien Ries, L'uomo religioso e la sua esperienza del sacro, Jaca Book, 2007, p. 396.
- ^ G. Vlastos. Socrate il filosofo dell'ironia complessa Firenze, La Nuova Italia, 1998 (ed. originale: Socrates: Ironist, and Moral Philosopher, 1991).
- ^ Giovanni Reale, Socrate, Milano, Rizzoli, 2000.
- ^ Senocrate-Ermodoro, Frammenti, a cura di M. Isnardi Parente, Napoli, Bibliopolis, 1982, frr 222-230, ISBN 88-7088-052-4.
- ^ Sulla nozione di δαίμων nella tradizione neoplatonica vedere Andrei Timotin, La démonologie platonicienne. Histoire de la notion de daimon de Platon aux derniers néoplatoniciens, Leiden, Brill, 2012.
- ^ Alessandro di Afrodisia, Sul destino, VI.
- ^ Enneadi, III, 4.
- ^ Porfirio, Vita di Plotino, 10.
- ^ Ivan Gobry, Tiziana Villani, Vocabolario greco della filosofia, p. 48, Pearson Italia, 2004.
- ^ Françoise Frontisi Ducroux, Jean-Pierre Vernant, Ulisse e lo specchio. Il femminile e la rappresentazione di sé nella Grecia antica, p. 90, Donzelli Editore, 2003; Paola Giovetti, L'angelo caduto. Lucifero e il problema del male, p. 16, Mediterranee, 1997.
- ^ Julien Ries, L'uomo religioso e la sua esperienza del sacro, p. 396, Jaca Book, 2007.
- ^ Gianluca Magi, Il Gioco dell'Eroe, presentazione di Franco Battiato, Il Punto d'Incontro, 2012, p. 67.
- (FR) Pierre Chantraine, Dictionnaire étymologique de la langue grecque, Parigi, Les Éditions Klincksieck, giugno 1977. URL consultato il 6 agosto 2011.