Infinito sostantivato - Wikipedia
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
L'infinito sostantivato (detto talvolta infinito nominale[1]) è, in linguistica, l'uso del modo infinito con valore di nome.[2] La nominalizzazione dell'infinito avviene di norma attraverso un determinante, che sia l'articolo determinativo (il naufragar m'è dolce in questo mare, Leopardi), l'articolo indeterminativo (un mormorar di fiume, Dante) o l'aggettivo dimostrativo (quel suo parlarmi della domenica, Vittorini). L'articolo determinativo può essere omesso (con gran sbattere d'ali, Calvino).[1]
Quest'uso era già presente in latino, dove era però confinato al registro formale.[2] Ad esempio, in Cicerone:[2]
(LA)
«...ipsum Latine loqui.»
(IT)
«...il fatto stesso di parlare correttamente latino.»
(LA)
«...meum enim intelligere nulla pecunia vendo.»
(IT)
«infatti non vendo a nessun prezzo il mio sapere.»
Il suo impiego in latino fu forse favorito dall'influsso del greco, che impiegava abbondantemente questa costruzione, anche con il concorso dell'articolo, assente in latino.[2]
L'infinito sostantivato è presente nelle lingue romanze, in particolare nello spagnolo, ma può essere considerato una caratteristica eminente dell'italiano, che lo sviluppa riccamente in tipi e forme.[1]
La nominalizzazione dell'infinito ricorre soprattutto al presente:[2]
- Lo studiare è spesso associato a qualcosa di sgradevole.
Essa è però possibile anche al passato:[2]
- L'aver agito per motivi futili aggrava il reato.
- Gian Luigi Beccaria (a cura di), Dizionario di linguistica, Torino, Einaudi, 2004, ISBN 978-88-06-16942-8.
- Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET-De Agostini, 2010 [1989], pp. 480-481, ISBN 978-88-6008-057-8.