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Macrozamia plurinervia - Wikipedia

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Macrozamia plurinervia
Immagine di Macrozamia plurinervia mancante
Stato di conservazione

In pericolo[1]

Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SuperdivisioneSpermatophyta
DivisioneCycadophyta
ClasseCycadopsida
OrdineCycadales
FamigliaZamiaceae
GenereMacrozamia
SpecieM. plurinervia
Nomenclatura binomiale
Macrozamia plurinervia
(L.A.S.Johnson) D.L.Jones, 1991

Macrozamia plurinervia (L.A.S.Johnson) D.L.Jones, 1991 è una pianta appartenente alla famiglia delle Zamiaceae, endemica dell'Australia.

È una cicade con fusto sotterraneo, del diametro di 20-30 cm.[2]

Presenta da 3 a 7 foglie pennate, disposte a corona all'apice del fusto, lunghe 85-115 cm, rette da un picciolo lungo 12-20 cm; ogni foglia è composta da 50-90 paia di foglioline lanceolate, con margine intero, lunghe mediamente 10-30 cm, di colore verde scuro sulla pagina superiore e verde glauco su quella inferiore, inserite sul rachide con una disposizione spiraliforme.

È una specie dioica con esemplari maschili che presentano coni terminali fusiformi, lunghi 18-28 cm e larghi 4-6 cm ed esemplari femminili con coni di forma ovoidale, lunghi 15-23 cm e larghi 6-9 cm.

I semi sono grossolanamente ovoidali, lunghi 25-30 mm, ricoperti da un tegumento di colore rosso-bruno.

La specie ha un areale ristretto alla parte settentrionale del Nuovo Galles del Sud (Australia), nelle contee di Inverell e Tenterfield. Cresce in aree di foresta sclerofilla, su suoli sabbiosi.[1]

La IUCN Red List classifica M. plurinervia come specie in pericolo di estinzione (Endangered)[1].
La specie è inserita nella Appendice II della Convention on International Trade of Endangered Species (CITES)[3].

  1. ^ a b c (EN) Forster, P. 2010, Macrozamia plurinervia, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020. URL consultato il 10 maggio 2015.
  2. ^ Whitelock 2002, pp. 274-275.
  3. ^ CITES - Appendices I, II and III (PDF), su Convention On International Trade In Endangered Species Of Wild Fauna And Flora, International Environment House, 2011 (archiviato dall'url originale il 20 giugno 2013).