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Una storia sbagliata/Titti - Wikipedia

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Una storia sbagliata/Titti
singolo discografico
ArtistaFabrizio De André
Pubblicazione1980
Durata8:30
Dischi1
Tracce2
GenereMusica d'autore
EtichettaDischi Ricordi
ProduttoreFabrizio De André, Massimo Bubola
Formati7"
Fabrizio De André - cronologia

Singolo precedente

(1979)

Singolo successivo

(1995)

Una storia sbagliata/Titti è il 28º singolo discografico di Fabrizio De André pubblicato nel 1980 dalla Dischi Ricordi.

Il singolo è frutto della collaborazione con il cantautore veronese Massimo Bubola, con cui De André aveva già composto i brani dell'album Rimini (1978). Il brano Una storia sbagliata è uscito in CD per la prima volta nel 1995, all'interno della raccolta Luna di giorno - Le canzoni di Pier Paolo Pasolini, mentre Titti verrà incluso su album solo nel 2005, nella raccolta In direzione ostinata e contraria.

Alla registrazione dei brani collaborano in «una sorta di session», come la definì lo stesso Bubola, membri della Premiata Forneria Marconi e dei New Trolls.[1]

Si tratta delle prime canzoni pubblicate da De André dopo il rapimento di cui fu vittima.[senza fonte]

  1. Una storia sbagliata – 5:32 (Fabrizio De André, Massimo Bubola)
  2. Titti – 2:58 (Fabrizio De André, Massimo Bubola)

Durata totale: 8:30

«È una storia mica male insabbiata, è una storia sbagliata.»

Il testo del brano è dedicato a Pier Paolo Pasolini e tratta dell'omicidio del poeta avvenuto nel 1975.

«È una storia di periferia, è una storia da una botta e via, è una storia sconclusionata, è una storia sbagliata. Una spiaggia ai piedi del letto, stazione Termini ai piedi del cuore, è una notte un po' concitata, una notte sbagliata»

La canzone fu commissionata a De André dalla Rai, per fare da sigla al programma Dietro il processo sulle morti di Pasolini e Wilma Montesi. Il cantautore coinvolse nel progetto l'amico Massimo, suo sodale di quel periodo, e insieme decisero subito di concentrarsi su Pasolini, non perché ritenessero la modella meno importante, ma perché:

«...a noi che scrivevamo canzoni, come credo d'altra parte a tutti coloro che si sentivano in qualche misura legati al mondo della letteratura e dello spettacolo, la morte di Pasolini ci aveva resi quasi come orfani. Ne avevamo vissuto la scomparsa come un grave lutto, quasi come se ci fosse mancato un parente stretto.»

Il riferimento alla storia della Montesi tuttavia c'è, ed è proprio, come affermato dallo stesso De André, l'uso del plurale nel ritornello: "Cos'altro vi serve da queste vite / ora che il cielo al centro le ha colpite".

Del brano fu girato anche un video sullo sfondo della cittadina di Calcata, dove De André e Bubola suonano la chitarra seduti sugli scalini di una chiesa.[1]

«È una canzone su commissione, forse l'unica che mi è stata commissionata. Mi fu chiesta da Franco Biancacci, a quel tempo a Rai Due, come sigla di due documentari-inchiesta sulle morti di Pasolini e di Wilma Montesi. In quel tempo, se non ricordo male, stavo cominciando a scrivere con Massimo Bubola l'ellepì che fu chiamato L'indiano (quello per intenderci che ha come copertina quel quadro di Remington che rappresenta un indiano a cavallo). E così gli ho chiesto di collaborare anche a questo lavoro. Ricordo che decidemmo tout-court di fare la canzone su Pasolini, e non tanto perché non ci importasse niente della morte della povera Montesi, ma per il fatto che a noi che scrivevamo canzoni, come credo d'altra parte a tutti coloro che si sentivano in qualche misura legati al mondo della letteratura e dello spettacolo, la morte di Pasolini ci aveva resi quasi come orfani. Ne avevamo vissuto la scomparsa come un grave lutto, quasi come se ci fosse mancato un parente stretto. Nella canzone comunque esiste una traccia di questa ambivalenza, cioè del fatto che ci si riferisce a due decessi e non ad uno solo. E lo si capisce nell'inciso quando canto: "Cos'altro vi serve da queste vite / ora che il cielo al centro le ha colpite". Come nasce una canzone? Direi che buona parte del senso e del valore della canzone sta prima di tutto nel suo titolo, cioè Una storia sbagliata, vale a dire una storia che non sarebbe dovuta accadere. Nel senso che in un clima di normale civiltà una storia del genere non dovrebbe succedere. E poi mi pare ci siano altri due versi che a mio parere spiegano meglio di altri il senso della canzone: "Storia diversa per gente normale / storia comune per gente speciale". Laddove per "normale" si deve intendere mediocre e poco civilizzato e per "speciale" normalmente, civilmente abituato a convivere con la cosiddetta diversità. Mi spiego meglio: per una persona matura e civile direi che è assolutamente normale che un omosessuale faccia la corte ad un suo simile dello stesso sesso. E assolutamente normale anche che se ne innamori. Dovrebbe esserlo anche per il corteggiato eterosessuale che mille modi di difendersi senza ricorrere alla violenza. Purtroppo la cultura maschilista e intollerante di un passato ancora troppo recente, ed allora ancora più recente di quanto non lo sia adesso, e che definirei un passato ancora recidivo, ha fatto credere alla maggioranza che il termine normalità debba coincidere necessariamente con il termine intolleranza. Ecco, un altro aspetto tragico che abbiamo voluto sottolineare nella canzone per la morte di Pasolini è quello legato ad una moda purtroppo ancora adesso corrente, e che si ricollega anche lei al clima di ignoranza e di caccia al diverso. E cioè il fatto che della morte di un grande uomo di pensiero sia stata fatta praticamente carne di porco da sbattere sul banco di macelleria dei settimanali spazzatura e non solo di quelli. Il verso "È una storia per parrucchieri" vuol dire che è una storia che purtroppo la si leggeva allora e ogni tanto la si legge ancora oggi sulle riviste equivoche mentre si aspetta di farsi fare la barba oppure la permanente. Questo è un po' in generale il senso della canzone.»

La canzone, storia spensierata di una donna con due amori «di segno contrario», è ispirata al romanzo Dona Flor e i suoi due mariti (1966) di Jorge Amado.[3] La musica risulta insolitamente veloce, con ritmi quasi Tex-Mex e si conclude con un lungo assolo di chitarra. È forse - con Caro amore - la canzone meno conosciuta di De André, che non le riserva mai riflessioni o commenti.[4]

  1. ^ a b Riccardo Bertoncelli, Intervista a Massimo Bubola, in Belin, sei sicuro? Storia e canzoni di Fabrizio De André, 1ª ed., Giunti, 2003, ISBN 978-88-09-02853-1.
  2. ^ Doriano Fasoli. Passaggi di tempo. Roma, Edizioni Associate, 1999 Archiviato il 13 aprile 2007 in Internet Archive.
  3. ^ Enrico Deregibus. De André, in direzione ostinata e contraria. 25 novembre 2005 Copia archiviata, su kwmusica.kataweb.it. URL consultato il 12 aprile 2007 (archiviato dall'url originale il 6 maggio 2008).
  4. ^ Michelone 2011, p. 131.
  • Guido Michelone, Fabrizio De André. La storia dietro ogni canzone, Siena, Barbera Editore, 2011. ISBN 978-88-7899-511-6.

V · D · M

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