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RAI...IN DIGITALE

FESTEGGIARE IL PASSATO COSTRUENDO IL FUTURO

La Rai a 50 anni dalla nascita della tv di fronte alla sfida del digitale terrestre

di Carlo Sartori

(Presidente RaiSat – Responsabile Progetto Digitale Terrestre Rai)

Cinquant’anni fa, la rivoluzione della tv

Il 3 gennaio 1954, quando iniziarono le trasmissioni televisive ufficiali della RAI, in Italia esistevano 15 mila televisori, concentrati soprattutto a Torino e Milano. Il prezzo di un apparecchio oscillava tra 160 mila lire (il costo di una moto) e 1 milione e 300 mila lire, in un Paese in cui il reddito medio pro capite annuo era di 258 mila lire. Il primo canone di abbonamento venne fissato a 12.550 lire, ed era allora il più alto d’Europa. Le previsioni di sviluppo di questo mezzo, secondo il parere di quasi tutti gli esperti, erano molto scarse.

Cinque anni dopo, nel 1959, la tv era seguita stabilmente da oltre 20 milioni di persone, tra case private (circa un milione di apparecchi) e locali pubblici. Il resto è storia che ben conosciamo. In questi 50 anni la Rai ha trainato lo sviluppo del sistema televisivo del nostro Paese, sia dal punto di vista tecnologico (dall’avvento del colore fino ai primi studi mondiali sulla tv digitale, realizzati proprio nel Centro Ricerche Rai di Torino), sia dal punto di vista culturale e sociale, ridisegnando la mappa dell’informazione, della cultura, dell’intrattenimento degli italiani. E – quel che forse più conta – la Rai, in quanto servizio pubblico, ha fatto sì che questo sviluppo toccasse progressivamente tutte le fasce della popolazione e tutte le zone dell’Italia, non soltanto quelle più ricche e redditizie cui naturalmente si rivolgono, in ogni Paese, gli operatori commerciali.

La storia della “prima generazione” televisiva – quella della tv analogica, che ci ha accompagnato per tutto questo mezzo secolo – può illuminare le sfide che ci attendono ora con lo sviluppo della “seconda generazione” televisiva: quella della tv digitale. Dove ritroviamo le stesse incertezze e gli stessi scetticismi, ma anche gli stessi obiettivi fondamentali di modernizzazione del Sistema Paese, pur in uno scenario che, cinquant’anni fa, sarebbe apparso “fantascientifico”.

Oggi, la grande spinta innovatrice del digitale

Sappiamo che cosa è e che cosa significa, in generale, l’avvento del digitale: (1) grazie alla compressione dei segnali di codifica e di trasmissione, si moltiplicano a dismisura i mezzi, i canali, attraverso cui la comunicazione può essere veicolata; e (2) si ha finalmente una “lingua” comune – quella informatica, numerica, digitale appunto – per tutti gli strumenti di comunicazione elettronica (radio, tv, telefonia fissa e mobile, Internet, ecc.).

Per la televisione in particolare, il digitale propizia due vere e proprie “rivoluzioni copernicane”, che finiranno per trasformare questo mezzo in maniera profondissima, in tutta la sua struttura ideativa, realizzativa, distributiva: (1) è finita l’era della scarsità delle frequenze e quindi delle reti forzatamente “generaliste”, che dovrebbero accontentare un po’ tutti i palati, ma che finiscono per dover rincorrere ossessivamente solo i grandi numeri e per penalizzare la propria diversificazione, a scapito della qualità complessiva dell’offerta; (2) può finire l’era della pura e semplice passività del telespettatore, che sarà sempre più in grado di dialogare e interagire con il proprio teleschermo, così da poter fare le sue scelte in modo più consapevole e ragionato (come all’edicola) e di “navigare” nella televisione (come in Internet, anche se in modo più limitato).

Le macro-tendenze: satellite a pagamento, terrestre “free” (o quasi)

La rivoluzione digitale ha già mostrato i suoi “muscoli” in molte parti del mondo attraverso la diffusione dei nuovi satelliti e la modernizzazione del cavo, con la proliferazione di canali tematici e semi-generalisti che soddisfano ormai ogni gusto e interesse culturale e di svago. Ma sono in genere – specie i più appetibili – canali a pagamento, diretti alle cosiddette “fasce alte” della popolazione. E gli altri? Dovranno pascersi di una tv sempre più povera di diritti pregiati, sempre più scadente, sempre più “massa”? Se rispondiamo no, dobbiamo allora prestare molta attenzione ad un’altra rivoluzione che è alle porte, quella appunto del “digitale terrestre”. E’ la rivoluzione che permette di moltiplicare per 4 o addirittura per 5 le attuali reti nazionali che tutti riceviamo nelle nostre case, sulle stesse frequenze (terrestri, appunto, non satellitari o via cavo), con la sola aggiunta di un “decoder” (o, in futuro, direttamente su un televisore già predisposto). Inoltre, tutti questi canali saranno via via arricchiti con ampie possibilità di comunicazione interattiva e multimediale (approfondimenti informativi, commercio elettronico, servizi di pubblica utilità, ecc.). In altri termini, il televisore non sarà più l’elettrodomestico che conosciamo, perché non solo ci porterà più televisione, ma diventerà anche una finestra per entrare nei programmi televisivi e nel loro contesto di riferimento, e per fare entrare un mondo nuovo di servizi nelle nostre case, con grande facilità.

La nuova legittimazione dei servizi pubblici

Sappiamo che la tendenza europea – specie dopo i fallimenti in Gran Bretagna e Spagna di un digitale terrestre che voleva gareggiare con il satellite sul terreno della pay-tv – è quella di destinarlo alla televisione “free”, gratuita, finanziata dalla pubblicità e dai canoni dei servizi pubblici, cui possono utilmente aggiungersi introiti da amministrazioni pubbliche, istituzioni e soggetti privati, in misura assai più cospicua che nella televisione analogica, via via che crescerà la possibilità di uso interattivo dei canali proprio per servizi di pubblica utilità (sanità, pensioni, traffico, ecc.) e transazioni commerciali (per beni di consumo, ma anche spettacoli, viaggi, e così via). Saggia decisione, quella del digitale terrestre “free”, anche al di là delle intenzioni. Innanzitutto, infatti, si restituiscono dignità e legittimazione ai servizi pubblici che – nati in un’era caratterizzata da scarsità di frequenze e canali, allo scopo di impedirne l’accaparramento da parte di pochi privati – erano dati per inutili e morti nell’era televisiva dell’abbondanza. Al contrario, proprio ad essi spetterà il compito forse più fondamentale nella Società dell’Informazione: quello di garantire uno sviluppo “democratico”, non sperequante, della nuova tecnologia distributiva, all’interno di un contesto che, lasciato alle sole forze “selvagge” del mercato, finirebbe per accentuare in modo socialmente e culturalmente insopportabile il già ampio solco del “digital divide” tra Paesi ricchi e poveri, e tra cittadini ricchi e poveri all’interno di ciascun Paese.

Al tempo stesso, i servizi pubblici contemporanei hanno maturato anche una grande consapevolezza di essere imprese che devono stare nel mercato. E in tale quadro, essi devono organizzare le loro offerte di programmi e i loro servizi nel nuovo ambiente digitale in modo tale da innescare un vero e proprio “circolo virtuoso” con la società e con i cittadini. Cioè – come si è accennato – offerte e servizi che, in quanto migliorano la qualità della vita delle persone (in termini di informazione, istruzione, svago, ma anche convivenza civile, rapporti sociali, ecc.) possono avvalersi di significativi contributi da parte di istituzioni e imprese, e quindi risultare ampiamente o totalmente auto-finanziati dalla loro stessa utilità civile e sociale Queste sono le sfide che attendono tutti i servizi pubblici europei, queste sono le sfide che attendono la Rai e a cui la Rai non intende sottrarsi.

Le possibili linee di innovazione del digitale terrestre Rai

Nel periodo di sperimentazione del digitale terrestre (che occuperà il tempo necessario allo spegnimento definitivo delle trasmissioni analogiche, previsto per il 31 dicembre 2006), la Rai ha a disposizione due “multiplex” (parola che identifica un canale digitale, a sua volta portatore, come si è accennato, di 5 canali e vari servizi aggiuntivi).
Grazie ad essi, il servizio pubblico potrà seguire e implementare tre linee di innovazione che sono l’essenza stessa della rivoluzione digitale, per gli operatori e per il sistema nel suo complesso:


- una maggiore quantità di offerta “free”, modulata su più canali, alcuni dei quali completamente nuovi rispetto all’attuale ambiente analogico;
- una sempre più avanzata e ricca sperimentazione di servizi interattivi, in grado di migliorare la qualità della vita dei cittadini;

- l’apertura di spazi trasmessivi sul digitale (prevista già dalla legislazione vigente) a nuovi soggetti in grado di arricchire l’offerta di contenuti, accrescendo così il pluralismo globale del sistema informativo.

Questa strategia si concretizzerà secondo le linee di indirizzo che il Vertice aziendale individuerà e stabilirà nel prossimo futuro. Per il momento – in via del tutto sperimentale e provvisoria – la Struttura Rai incaricata del Progetto Digitale Terrestre ha ipotizzato una serie di iniziative di offerta comunque rispondenti alle missioni del servizio pubblico:


- una progressiva multimedialità delle tre reti tradizionali (RaiUno, RaiDue, RaiTre), con approfondimenti e applicazioni interattive in linea con le caratteristiche fondanti di ciascuna trasmissione (ad esempio, la divulgazione scientifica di SuperQuark, il servizio all’utente di Mi manda RaiTre, l’edutainment di Melevisione, ecc.);


- un’estensione dal satellite “free” al digitale terrestre di una serie di canali a forte impatto di servizio pubblico (il canale di sola informazione RaiNews24; RaiEducational 1, con l’insegnamento dell’inglese per bambini ed altri programmi di formazione; RaiSport dedicato anche agli sport minori ma socialmente importanti);


- due “prove tecniche” di trasmissione che prefigurano alcuni possibili aspetti di nuova offerta Rai sul digitale: l’intrattenimento culturale, con protagonisti e programmi che raccontano arte, musica, teatro, cinema, letteratura, danza, opera, libri (titolo provvisorio: RaiDoc); i servizi di pubblica utilità (meteo, traffico, viaggi e turismo, protezione civile, ma anche salute, benessere, tutela del consumo, ecc.) su base sia nazionale sia regionale e locale (titolo provvisorio: RaiUtile).