Nipponico - Enjo kousai
di Massimiliano Crippa
2 giugno 2004. Che gli uomini anziani impazziscano per le ragazze giovani non è una novità. In Giappone però questo feticcio è tanto forte che dal 1995 esiste un termine per descrivere le relazioni tra un uomo di mezza età e un'adolescente.
Il termine è "enjo kousai", che si può tradurre come "appuntamento sovvenzionato" o "incontrarsi per un aiuto" (in inglese "compensated date" o "dating for assistance") poiché, come dice una di queste ragazze, "lui aiuta il mio stile di vita, io aiuto il suo ego".
La diffusione del feticcio è favorita da entrambi i sessi. Le tradizionali uniformi alla marinara delle studentesse, alla fine degli studi vengono vendute a particolari negozi, che poi le rivendono, al doppio del prezzo, a uomini di mezza età. Le mutandine, soprattutto usate, subiscono la stessa fine. Esistono video porno, film di animazione, riviste, manga e sceneggiati televisivi con protagoniste in uniforme.
In Giappone, i rapporti sessuali con adolescenti, purché consenzienti, non sono puniti dalla legge. E' vietata invece, pur essendo largamente diffusa, la prostituzione. Basta però che il pagamento delle prestazioni avvenga con un minimo di discrezione per escludere ogni intervento da parte delle autorità.
C'era una volta in Giappone la prostituzione come arte. Oggi lo si fa per gioco. Sconvolge più il fine che non il mezzo.
Nessuno ha una chiara idea di quante ragazze siano coinvolte. Ciò che ha attirato l'attenzione sul fenomeno non è solo il numero, ma il fatto che queste siano ragazze apparentemente normali ed oneste. Alcune frequentano scuole esclusive. Molte di queste adolescenti vedono la cosa solo come un modo per guadagnare un po' di soldi da spendere poi in vestiti firmati e divertimenti.
Esse affermano che è loro diritto vendere il proprio corpo se lo desiderano e sono solite dare la colpa di tanto clamore agli uomini, che attribuiscono un valore troppo alto a queste relazioni proibite con ragazze giovani e immature. Che però, a modo loro, tanto immature non sono: esse vedono enjo kousai come un'attività puramente economica, chiaramente distinta da "junai kousai", cioè "l'incontro d'amore". Il loro comportamento, in altre parole, esprime l'idea che il corpo possa essere completamente separato dal cuore e dalla mente.
Qualche dato statistico
Un libro bianco della polizia afferma che nel 1995 5.481 ragazze tra i 14 e 19 anni sono state sottoposte a controllo per problemi riguardanti la prostituzione e altri comportamenti sessuali indecenti. Ciò rappresenta un aumento del 16% rispetto all'anno precedente. Solo a Tokyo, la polizia nel 1996 ha fermato e denunciato oltre 1.300 studentesse tra i 14 e i 18 anni, un impressionante aumento di oltre il 50% rispetto al 1995.
Riguardo ai motivi, il rapporto mette al primo posto il "desiderio di spendere denaro" (39%), seguito dalla "curiosità" (34%).
Secondo una ricerca del governo metropolitano di Tokyo svoltasi nel 1996 su un campione di 110 scuole, il 3,5% delle studentesse delle medie e il 4,4% delle studentesse delle superiori ha avuto una qualche esperienza di enjo kousai.
Una seconda ricerca svolta nel 1997 dal Benesse Education Institute sulle scuole superiori delle prefetture di Tokyo e Saitama, mostra dati simili: il 3,8% delle ragazze del secondo anno hanno praticato enjo kousai più di una volta; per quelle del terzo anno, il dato sale al 5,1%. Dai questionari emerge che le ragazze non pensano ad enjo kousai come prostituzione se non c'è di mezzo del sesso. Inoltre, mentre alla richiesta di una cena soltanto il 43,4% direbbe subito di no, di fronte alla richiesta di una prestazione sessuale il dato sale all'85,5%.
Nell'aprile 1998 sono stati resi noti i risultati di uno studio del 1997 promosso da Matsuda Mizuho, direttrice dell'Asian Women's Fund, e condotto su un campione di 960 studentesse delle superiori da Mamoru Fukutomi, professore di psicologia della Tokyo Gakugei Daigaku. Delle 600 ragazze che hanno risposto, il 5% ha praticato enjo kousai, il 2,3% ha fatto del sesso con i clienti. Le ragazze più disposte verso questo comportamento sono quelle che si lasciano influenzare dalle conversazioni con le amiche e che sono meno attaccate alla propria famiglia. Sebbene l'88% delle ragazze si senta a disagio all'idea di fare del sesso per denaro in prima persona, solo il 46% si è opposto all'idea che siano altri a farlo. Le studentesse con una consapevolezza maggiore della parità dei sessi sono meno disposte a praticare enjo kousai: portare avanti questo principio potrebbe essere una strada per diminuire il fenomeno. Le motivazioni che le hanno spinte a farlo sono state: il denaro, il suggerimento di un uomo, il fatto che non si causava dolore a nessuno, il divertimento, il fatto di poter smettere quando si vuole, la mancanza di stimoli, la solitudine, la voglia di sesso, la voglia di sfogarsi, la paura di diventare vecchie, il pensare che essere studentesse sia un qualcosa di speciale. Dopo averlo fatto, i sentimenti erano: pentimento, disgusto per gli uomini, impossibilità di raccontare il fatto a qualcuno, preoccupazione per gravidanze e malattie, vergogna verso i genitori, impossibilità di tornare ad una vita normale. Poche comunque hanno dimostrato, prima e dopo, indifferenza.
Il numero di persone impegnato in tale attività sembra comunque inferiore a quanto sbandierato dai mezzi di informazione. Tuttavia il paese è allarmato da questo fenomeno. A Tokyo, nel 1988 il governo metropolitano aveva ritenuto inutile emanare una legge restrittiva, chiedendo invece un maggiore impegno sull'educazione. Si era tentato di usare la persuasione morale invece di combattere legalmente il fenomeno. Ma senza una legge, la capitale era diventata la meta degli uomini ossessionati dal complesso di Lolita(1). Per anni, gruppi di cittadini hanno chiesto a gran voce leggi che vietassero questo commercio del sesso.
Finalmente, il 16 dicembre 1997 è entrata in vigore a Tokyo la nuova legge contro la prostituzione minorile. Ora, a coloro che hanno rapporti con minori di 18 anni in cambio di denaro o regali può essere comminato fino ad un anno di prigione e multe fino a 500.000 yen. Le pene si applicano anche a terzi che organizzano gli incontri.
Tokyo arriva quasi ultima tra i distretti metropolitani. La prefettura più severa ha stabilito una multa fino ad un milione di yen e fino a due anni di carcere, mentre la più indulgente ha solo una multa fino a 300.000 yen. Ci si chiede, però, se questo possa bastare a risollevare la moralità sessuale degli adolescenti. L'unica prefettura che non ha ancora emanato delle norme punitive è Nagano, poiché considera inutili tali provvedimenti, mentre cerca invece di stimolare i genitori a migliorare il loro impegno educativo a casa.
In effetti, pochi pensano che questi provvedimenti potranno migliorare la situazione. Si fa strada l'idea che il consumismo, il conformismo e la mancanza di moralità non siano solo un problema di queste ragazze, ma pervadano l'intera società.
I telephone club
Un'altra particolarità del fenomeno è l'uso frequente dei telefoni cellulari per facilitare l'incontro tra le parti. Nel 2002 l'83,1% degli studenti delle superiori ne possedeva uno, mentre il dato scende al 23,1% nelle scuole medie(2).
Nell'agosto 1997, Tokyo aveva introdotto leggi per contrastare uno dei principali luoghi dove avviene enjo kousai, i telephone club. I "terekura" sono piccoli locali, oltre un migliaio nella sola Tokyo, dotati di un centralino e loculi riservati, per accedere ai quali si pagano circa 100 yen al minuto, dove uomini di mezza età attendono la chiamata di una "burusera" (blue sailor, camicetta blu), una studentessa.
Per evitare problemi con le autorità, i gestori ricorrono a una serie di trucchi. Nessun terekura ha rapporti diretti con le ragazze. I gestori del locale guadagnano solo dall'affitto dei loculi e dal costo delle telefonate: le ragazze, infatti, chiamano dal loro cellulare un numero verde, il cui costo viene addebitato al cliente che accetta la telefonata. La clientela è avvertita, con cartelloni e scritte situate dappertutto all'interno dei locali, che la prostituzione è vietata, e, a voce, che se le "burusera" fanno il minimo accenno a un compenso si deve immediatamente riattaccare.
Di fatto, le cose vanno diversamente. Le ragazze chiamano, ci si dà un appuntamento e poi si va dal tradizionale e innocentissimo enjo kousai, l'intrattenimento gastronomico-culturale da sempre molto diffuso in Giappone (oggi mantenere un'amante costa troppo, più facile invitare a cena una ragazzina), alla passeggiata romantica, alla prestazione concordata dopo lunghe contrattazioni, alle vere e proprie relazioni che a volte si concludono in tragedia. Un vecchio industriale, morto suicida, ha lasciato un diario nel quale annotava ogni appuntamento, ogni regalino, ogni prestazione. In lista aveva una decina di ragazzine, tutte minorenni.
Ciò che più preoccupa educatori e sociologi è la leggerezza, l'assenza assoluta di valori morali che il fenomeno denuncia. "Che c'è di male?" è la risposta, sconcertante, che una ragazzina su tre ha dato durante un'inchiesta sui terekura condotta da un importante network televisivo.
Secondo Kamata Satoshi, giornalista e scrittore, è colpa di "un sistema scolastico che dietro la facciata dei numeri nasconde una realtà drammatica: suicidi, violenze, assenza di principi morali. Paradossalmente però, le vere vittime dei terekura non sono le ragazze, ma i loro clienti. Pensano di incontrare delle timide scolare e si ritrovano di fronte a consumate professioniste, capaci di perfidi ricatti".
Conferma un commissario di polizia: "Spesso ci troviamo di fronte a veri e propri casi di estorsione. I clienti, quelli che si ritrovano incastrati dalle scolarette sempre più esigenti e minacciose, cominciano a ricorrere alla violenza". In un albergo a ore di Nagoya, una ragazzina è stata accoltellata a morte da un funzionario di banca che poi ha confessato: "La prima volta l'ha fatto gratis, diceva che le piacevo, poi ha cominciato a chiedere piccoli regalini, fino a pretendere oltre 100.000 yen per una prestazione. Quando ha minacciato di dire tutto alla mia famiglia, ho perso la testa."
La crisi morale
In ogni epoca, gli adulti tendono a non comprendere e rimangono disorientati dai valori e dai comportamenti degli adolescenti. Allo stesso tempo, i problemi seri che questi giovani devono affrontare sono liquidati come un fenomeno limitato. Oggi il Giappone paga il prezzo di 50 anni di indifferenza, mezzo secolo passato solo a pensare al benessere materiale a spese della salute emotiva e spirituale.
L'atteggiamento di queste studentesse è superficiale, indifferente e senza senso di colpa. Non provengono da famiglie svantaggiate, sono persone qualsiasi, anche benestanti. Secondo il libro di Kuronuma Katsushi, entrambe le parti coinvolte nella relazione pensano ad essa come ad una normale parte della loro vita.
Il fenomeno non risparmia nessuna scuola, compresi gli esclusivi istituti di tradizione cristiana. Le ragazze sono assolutamente normali, anzi le uniformi sono perfette anche più del normale. Una ragazza ha detto che lo faceva anche per non pesare sulle finanze della famiglia. Kuronuma fa notare che in passato, i giovani delinquenti cominciavano a comportarsi male in casa per poi creare maggiori problemi fuori: "Mai ho incontrato delinquenti così rispettosi dei sentimenti dei genitori".
Secondo Sharon Kinsella, la studentessa che si prostituisce può essere vista in una duplice veste: per alcuni è un'anima perduta vittima del materialismo dilagante nella società, per altri è uno spirito libero, una figura positiva, una sorta di prostituta dal cuore d'oro in grado di trasformare il Giappone. A questa idea si sono ispirati alcuni manga e la moda, che propone look da "prostituta". L'interesse dei mezzi di informazione per il fenomeno col tempo è scemato, tanto che Kinsella si chiede ironicamente se enjo kousai sia mai stato un fenomeno significativo all'interno della società giapponese.
Murakami Ryuu afferma che "senza esserne coscienti, queste ragazze stanno creando un movimento". Secondo Kuronuma però "solo poche di queste ragazze vedono il loro comportamento come un atto di ribellione o di vendetta verso i genitori, la scuola o il mondo degli adulti nel suo complesso". L'adolescenza può essere il periodo più duro della vita, quello in cui ci si comporta in modo confuso, privi di morale e di buon senso. I giovani hanno paura. Enjo kousai è un rito di passaggio.
Ma perché prostituirsi? Perché non ribellarsi ai genitori o comportarsi male a scuola? L'origine del problema potrebbe essere la natura superficiale dei rapporti umani, particolarmente in famiglia, nella società moderna. La tipica famiglia giapponese contemporanea non vive più come una famiglia e non offre la possibilità di incanalare le forze risvegliate dall'adolescenza in una ribellione positiva. Le ragazze che praticano enjo kousai vogliono preservare la tranquillità domestica. Niente può essere più lontano dai loro pensieri che una ribellione o una vendetta. Ma il loro comportamento è comunque distruttivo. La società contemporanea è così incapace di affrontare i problemi che qualcosa di tragico deve succedere per farla smuovere dal suo autocompiacimento.
Il comportamento di queste ragazze è un riflesso della società in cui vivono. Kuronuma mostra un parallelo con il mondo degli affari, dove il profitto spesso viene prima di qualsiasi considerazione etica. Ciò che fanno queste ragazze non è diverso da ciò che fanno molti adulti. Resta il fatto che molti si sentano disturbati da tale fenomeno e, in fondo, chiunque abbia un minimo di sentimento dovrebbe esserlo. Ragazze che si prostituiscono in modo spudorato, senza senso di colpa, non sono certo un esempio da seguire.
Disattendendo l'immagine classica della prostituta, esse sono gioiose. Riescono a tenere le emozioni al riparo, a separare nettamente il corpo e la mente. Le persone assennate trovano che questa cosa sia difficile da credere. Sicuramente le ragazze sono danneggiate psicologicamente da quello che fanno, anche se parlando con loro non si ha questa impressione.
Ma c'è qualcosa d'altro, oltre il corpo e la mente, c'è lo spirito. Enjo kousai sta distruggendo il loro spirito. Una ragazza disse una volta a Kuronuma: "E' così sbagliato fare qualcosa che rende felice l'altra persona, è divertente per me e non fa male a nessuno?. Egli rispose: "Ci sono due tipi di cose sbagliate, alcune cose sono sbagliate per un motivo, altre sono sbagliate e basta. Ciò che tu fai è sbagliato e basta". Quel comportamento era cattivo per lo spirito. Un modo di pensare distaccato e senza emozioni impedisce ad una persona di fare esperienza degli eventi in modo personale. Quando queste ragazze si prostituiscono, non stanno interiorizzando come fosse una loro esperienza. Per questo non sembrano danneggiate fisicamente e mentalmente, ma al contrario normali e raggianti. Un danno psicologico può non essere così facile da vedere, ma i suoi effetti saranno presto visibili: irritazione, insicurezza, mancanza di fiducia. Non c'è nessuna prova che una delle due parti sia stata ferita, nel corpo e nello spirito, da tale pratica. Ognuno ha scelto di propria volontà. Un danno nello spirito può essere invisibile anche alla persona che lo subisce.
Nel pensiero tradizionale giapponese, la mente non può essere separata dal corpo né dalle cose di cui fa esperienza. Credendo in ciò, sarebbe giusta una certa dose di austerità in ciò che si fa. Ma ora che il Giappone ha conosciuto i valori occidentali ed una certa prosperità, la famiglia tradizionale non basta più a preparare i bambini all'adolescenza e all'età adulta.
Quando i giapponesi erano poveri, credevano che acquisire denaro e oggetti li avrebbe resi felici, ma ora che hanno tutto ciò, ottenere la felicità sembra ancora più difficile. Se dovessimo proporre uno slogan per il movimento che queste ragazze stanno inconsciamente guidando, sarebbe: "Riscopriamo lo spirito nelle relazioni umane". Attraverso la loro azione, queste ragazze ci mostrano la pochezza di una relazione senz'anima.
Alcuni insistono sul bisogno di maggiori controlli da parte della società, ma il fenomeno non è così superficiale e passeggero da poter essere estirpato in maniera tanto semplice. Bisogna raggiungere lo spirito di queste persone, insegnare loro che il corpo deve essere trattato con rispetto. Se gli adulti continuano ad usare il denaro per evitare relazioni che li coinvolgano nel profondo, i figli cresceranno in questo modo.
Il capofamiglia non può più accontentarsi di portare il pane sulla tavola, come succedeva in tempi di povertà. Ora che il benessere è stato raggiunto, queste persone devono usare le proprie energie, soprattutto mentali, per immaginare un futuro migliore.
Note
1. In giapponese roricon (Lolita complex). L'espressione è un prodotto della società occidentale: Vladimir Nabokov, di origine russa, pubblicò il libro "Lolita" nel 1958, tredici anni dopo essersi trasferito negli Stati Uniti.
2. Più recentemente l'uso dell'e-mail e dei siti web di appuntamenti sta prevalendo su quello del cellulare e dei telephone club, anche se la trasmissione delle e-mail avviene soprattutto attraverso i cellulari che supportano il protocollo i-mode, piuttosto che con il PC. I siti raggiungibili da un PC erano 884 nel 2001 e 2.038 nel 2002; quelli raggiungibili da cellulare rispettivamente 2.569 e 3.401. Il 22% delle studentesse delle superiori ha usato questi siti, ma solo il 43,2% di queste ha poi portato a termine un appuntamento. Cfr. Kioka, Yasumasa. 2003. Dating Sites and the Dating Sites and the Japanese Experience. National Police Agency.
Bibliografia
AA.VV. 1998. An Analytical Study on the Causes of and Attitudes toward "Enjo-kousai" among Female High School Students in Japan. Asian Women's Fund, Tokyo.
AA.VV. 1998. High School Students '98 Vol. 52 "Enjo-kousai". Benesse Education Institute, Tokyo.
AA.VV. 1996. Report on High School Students' Attitudes toward Life and Their Current Situation. Life and Culture Department of Tokyo Metropolitan Government.
Amakawa, Yoko. 1999. Japanese Women Seen through Data. Enjo-Kousai and Attitudes toward Sex among Female High School Students in Japan. Dawn Center, Osaka.
Garon, Sheldon. 1998. Molding Japanese Minds: The State in Everyday Life. Princeton University Press.
Kinsella, Sharon. 2001. The Japanese School Girl Boom: Uniforms, Prostitute Chic, Kitsch and Parodies of Conspicuous Consumption. Relazione al convegno Schoolgirls & Mobilesuits. Minneapolis College of Art and Design, 16-18 novembre 2001.
Kioka, Yasumasa. 2003. Dating Sites and the Dating Sites and the Japanese Experience. National Police Agency.
Kuronuma, Katsushi. 1996. Enjo kousai. Bungei Shunjuu, Tokyo.
Lupis, Marco. Dopo il pallone faccio sesso con Lolita. L'Espresso, 10 gennaio 2002.
Skov, Lise e Moeran, Brian. 1995. Woman, media and consumption in Japan. Curzon Press, Surrey.
Smyth, Jamie. Enjo kosai: teen prostitution, a reflection of society's ills. Tokyo Weekender, 4 settembre 1998.
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