Comune di Carlino
Il Dominio Austriaco
La guerra tra Venezia e l'Austria si concluse nel
1516 e le trattative di pace furono definite durante la Dieta
di Worms
nel 1521. Da queste trattative uscì una regione politicamente
spartita tra Veneziani e Austriaci. In particolare la bassa friulana
fu divisa da un confine assai frastagliato, che lasciava numerose
isole di territorio austriaco nel bel mezzo del territorio veneto,
e viceversa.
Carlino, Marano e Porpetto, rimanevano all'Austria, circondati però
completamente da territori veneti. Fu infatti il Capitano di
Gradisca, Nicolò della Torre che nel 1542,
con truppe austriache, venne in aiuto di Carlino, Porpetto, Cervignano
e Precenicco, per disperdere dei faziosi che devastavano e depredavano
quei paesi arciducali.
Accadde a questo punto un avvenimento molto importante per la storia
di Carlino; nel 1543 Venezia acquistò da alcuni uomini
di ventura, che l'avevano espugnata con uno stratagemma, la fortezza
di Marano.
Pertanto Carlino venne a trovarsi distaccato dalla sua Pieve.
Ciò era già successo durante gli assedi di Marano
della guerra friulana. Quindi si può far risalire a quei
travagliati momenti la completa indipendenza della Chiesa filiale
di Carlino (come anche di quella di San Gervasio) della Chiesa
matrice di Marano.
Si era in questo periodo diffuso l'uso che i titolari o investiti
di un beneficio ecclesiastico non vi facessero residenza, ma vi
lasciassero un "officiante" il quale, pagato dal
beneficiato si assumeva oltre la cura delle anime, l'incarico di
fare il "conduttore" del beneficio parrocchiale,
cioè di riscuotere i proventi e le rendite per il suo principale,
che dimorava altrove e percepiva anche altri benefici. Tale deprecabile
costume perdurò fino alle disposizioni controriformistiche
del concilio di Trento.
Nel 1547, infatti troviamo beneficiato di Carlino un certo
P. Bartolomeo de Girardis, il quale era contemporaneamente
segretario del patriarca Giovanni Grimani, e quindi dimorante
con lui o a Roma o a Venezia. Intanto un tal P. Giorgio era
il suo "officiante" o "vicecurato"
in Carlino.
Nel 1560 ci imbattiamo in un interessante documento con cui
si nomina titolare del Beneficio P. Giovanni Battista Canussio
per rinuncia del P. Julio Conussio. E' qui specificatamente
nominato che la collazione del Beneficio di Carlino spetta unicamente
al patriarca. Dopo il G. B. Canussio, troviamo beneficiato
il nobile P. Lorenzo Bellinis, canonico di Cividale.
Secondo le nomine del Concilio di Trento, pubblicate nella
Diocesi nel 1564 e poi confermate nel Sinodo Aquileiese
indetto dal patriarca Grimani nel 1565, i beneficiati
con cura d'anime dovevano sottoporsi ad un concorso d'esame e ad
altre formalità; d'ora in poi sarebbero stati chiamati "parroci".
Il primo fu P. Nicolò Tassilio, che succedette al
Bellinis il 31 gennaio 1566. Nell'anno 1585 e anche
nell'anno 1593 ci incontriamo nel nome di un successore del
Tassilio, il P. Sebastiano Nani, originario della
Diocesi di Cesena, che se ne andò nell'anno 1594.
Ci imbattiamo ora in un documento che prova per la prima volta l'esistenza
del Giuspatronato popolare a Carlino, intendendosi per con
questo termine il privilegio spettante alla comunità di Carlino
di eleggere, mediante il voto dei capifamiglia, il proprio parroco.
E' l'investitura che il luogotenente del patriarca, il 6 settembre
1594, a Cividale, conferisce al P. Nicolò Vio di
Burano. Questi gli fu presentato da Domenico di Chiara,
a nome della Comunità e degli uomini della Villa di Carlino,
avendolo quelli eletto parroco della Chiesa di S. Tommaso Apostolo,
che è 'de jure patronatus et praesentandi dictarum Communis
et hominum Carlini".
Non siamo sicuri che questo sia il primo sacerdote eletto dalla
comunità, come non è stato possibile rintracciare
l'atto originario di concessione del Giuspatronato. E' certo però
che nel 1560, l'atto di nomina di P. Gio; Batta
Canussio specifica chiaramente che la parrocchia di S. Tommaso
Apostolo in Carlino è di collazione libera del Patriarca.
Pertanto la concessione dei giuspatronato alla Comunità di
Carlino può essere avvenuta tra il 1560 e il 1594.
Da questo momento inizia la serie ininterrotta di parroci di Carlino
eletti dalla Comunità.
Esercente
il giuspatronato popolare era l'organo amministrativo del comune:
"la Vicinia ". I piccoli centri rurali come Carlino,
chiamati "Ville", pur facendo parte di una "
Gastaldia" o "Capitaneato", godevano
particolari libertà amministrative con la direzione del "Degano".
Il governo dei comuni rurali aveva come organo amministrativo la
"Vicinia", cioè l'assemblea di tutti i capifamiglia
del luogo. Nelle Vicinie venivano trattati gli interessi di carattere
generale riguardanti la "Villa", come l'amministrazione
dei beni del Comune, (che allora erano notevoli), la nomina alle
cariche comunali alla fine di ogni anno, la redazione degli Statuti
comunali e l'elezione del parroco.
La Vicinia era formata dal Degano (figura simile a quella
del sindaco), dai giurati (una specie di giunta), dal Procuratore
(rappresentante del governo), dal Camerario (tesoriere) e
da tutti i capifamiglia del luogo. Nell' archivio parrocchiale di
Carlino si trovano numerosi verbali di riunioni di Viciniem.
Si nota che la Vicinia si radunava al tocco di campana "more
solito", con il permesso del Capitano (di Castelporpetto
o di Gradisca, secondo l'epoca) e che, per gli argomenti che riguardavano
la parrocchia, si riunivano congiuntamente i Degani e le
Vicinie di Carlino e di San Gervasio.
Se il giuspatronato, concesso ordinariamente come premio al popolo
per i titoli canonici di fondazione o dotazione è un segno
dell' interesse con il quale il popolo stesso una volta si occupava
del culto e della propria assistenza religiosa, fu anche occasione
di non pochi abusi nel suo esercizio. La disciplina ecclesiastica
Tridentina fece infatti sentire il bisogno di una riformai.
Anche a Carlino incappò in questi abusi nell'esercizio del
suo giuspatronato. Lo rileviamo dal fatto che l'autorità
imperiale giunse a sopprimere tal diritto perché la Comunità
di Carlino aveva presentato abusivamente, per la nomina a parroco,
un sacerdote di stato estero. Lo desumiamo dal rescritto del 18
aprile 1705 col quale, in seguito a supplica innalzata dalla
Comunità, Giovanni Cristiano di Eggenberg, Principe
e Conte di Gradisca e Duca di Cromau, reintegrò di tal diritto
la suddetta Comunità di Carlino.
Bisogna infatti ricordare che nel 1647 Gradisca, da cui dipendeva
anche Carlino, era stata elevata a contea principesca semi-indipendente
da Ferdinando III, più che altro per favorire il Principe
Giovanni Antonio di Eggenberg strettamente legato all'imperatore
da amichevole sudditanza. Tale staterello ebbe tuttavia breve durata.
Nel 1717, infatti, la dinastia degli Eggenberg si estinse
e il feudo di Gradisca tornò all'Austria. Si spiega così
la giurisdizione del citato Conte Giovanni Cristiano su Carlino.
Il giuspatronato venne strenuamente difeso dai Carlinesi durante
i secoli. Lo vediamo, oltre che dalla citata supplica al Principe
Conte di Gradisca, dal numeroso carteggio esistente presso l'archivio
parrocchiale riguardante petizioni alle superiori autorità;
e inoltre ricorsi e liti fra la Vicinìa di Carlino, quella
di S. Gervasio e i coloni del Casino sul modo di esercitare
il voto. Così questo particolare istituto si è mantenuto,
nonostante i continui e pressanti inviti dell'autorità ecclesiastica
alla rinuncia, fino ad oggi.