Far lezione coi testi del periodo, “che si criticano ma non si proibiscono” - [ Il Foglio.it › La giornata ]
“Far lezione usando testi del periodo in discussione è una prassi in uso da sempre nei licei e nelle università italiane”. Secondo Ernesto Galli della Loggia, il problema più grave del “caso Pellicciari” è semmai il deficit dell’editoria italiana: “Sfido chiunque a dimostrare che, parlando del nazismo, l’analisi dei discorsi di Hitler siano superflui. L’editoria ha costretto Angela Pellicciari a non servirsi di un testo edito da Longanesi sulle conversazioni di Hitler, affidandosi così a una raccolta di Franco Freda. E’ ridicolo tacciare la Pellicciari di neonazismo”. Esiste semmai un problema di immagine: “Prof. ipercattolica fa leggere libro di neonazista… Sembra una compagna di Freda. Nell’istruzione pubblica italiana c’è un atteggiamento laicista molto pronunciato che nasce dal Risorgimento. Com’è noto, Pellicciari contesta questo carattere del Dna italiano e per questo si attira le antipatie di una parte dell’opinione pubblica scientifica”.
Non è d’accordo Piero Melograni, per trent’anni docente all’Università di Perugia: “Leggere Hitler è fondamentale, ma una cosa è se lo faccio io, un’altra è se lo leggono degli studenti. Il libro usato dalla Pellicciari aveva poi una prefazione discutibile. I ragazzi non hanno la spina dorsale abbastanza forte per reggerlo. Quanto ai conformismi, nessuno di noi è esente dal proprio”. Gianni Belardelli è d’accordo con quanto ha scritto lunedì Pierluigi Battista sul Corriere: “I testi si criticano, non si proibiscono; si fanno a pezzi, non si vietano. I giornali hanno riportato opinioni molto ragionevoli da parte degli studenti della Pellicciari. E’ indubbio che sia una professoressa e una studiosa cattolico-integralista. Per molti ha una posizione discutibile, ma è pazzesco che si ricorra all’accusa di filonazismo”. A Roma Tre, pochi giorni fa, in un atrio è stata proibita una mostra sulle foibe. “Sono tutti fatti indicativi della cultura di questo paese. In Italia c’è ancora una concezione sostanzialista della libertà d’opinione in campo storiografico. E un conformismo sociale che si mette in moto prima ancora di capire un certo problema storico”.
Secondo Piero Craveri, che insegna all’ateneo Suor Orsola Benincasa di Napoli, dal punto di vista storiografico il problema non esiste, si usa qualsiasi testo, tanto più una discussione fra Martin Bormann e Adolf Hitler. “Qui il problema è sul modo in cui s’insegna la storia. Non si può fare pedagogia escludendo un testo, pur terribile. Ciò che è importante è il modo in cui il libro viene contestualizzato. Insegnando storia, osservo come un’attitudine antropologica da parte delle nuove generazioni nel rifiuto della storia contemporanea. E’ vista come un ricettacolo di orrori che deve essere rimosso. A questo concorre la storia elaborata dalla televisione, che fa saltare gli eventi fuori dalla sequenza e li rende quasi atemporali. Le barbarie di Hitler e Stalin diventano così immagini fuori da un continuum”.
Lo storico dell’Università Statale di Milano, Giorgio Rumi, cattolico proveniente da tutt’altra scuola rispetto a quella di Angela Pellicciari, sostiene che questo caso romano fa luce sull’intero sistema conformista dell’istruzione italiana: “E’ facile parlare di libertà del docente quando questo è conforme alle idee correnti. Il problema nasce quando l’insegnante si defila dall’egemonia. Allora si innesca una sfida radicale al sistema educativo. In Francia sono preoccupati perché è difficile insegnare ai musulmani che i paladini di Carlo Magno sono eroi nazionali. Non condivido la tesi sul Risorgimento della Pellicciari. Ma a livello del sistema pubblico il suo caso lascia disarmati. Che cosa fa lo stato quando un docente dissente dalla maggioranza? Il fascista normalmente attenua il discorso, non arriva in fondo, non affronta di petto. Con la Pellicciari è diverso, e affronta di petto i valori della maggioranza”.
E’ come se fosse stato dato per scontato un unanimismo storiografico che non è mai esistito. “Il problema è sempre stato risolto con la doppia morale e le piccole furbizie. Come può lo stato obbligarla a insegnare in modo conforme alla maggioranza o censurarla? Ci manca solo che siano i genitori a decidere della libertà del docente. E’ come in America, dove fino all’uscita di ‘Via col Vento’ nessuno ha osato ricordare che c’erano i sudisti. Lo stato italiano non è così forte da assorbire queste contraddizioni, e alla fine tutto si risolve, de facto, nel cercare quello che unisce e mai quello che divide. La Pellicciari invece ci obbliga a pensare e a riflettere”.