C’è un vulcano tra Puglia e Basilicata. Anzi un vulcanello
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- ️Thu Jul 23 2020
Matera e Gravina in Puglia ospitano un vulcanello di fango, lungo la fossa bradanica, dal quale fuoriescono gas, argilla, fango e zolfo. La fanghiglia ha anche inghiottito tante pecore
“In un buco nel terreno viveva un hobbit” scriveva J.R.R. Tolkien nel famosissimo Lo Hobbit pubblicato nel 1937, ma evidentemente non sapeva che tra la Puglia e la Basilicata, un buco nel terreno c’è veramente. È un vulcano. Anzi un vulcanello. Tre vulcanelli di fango. Al confine tra le due regioni, lungo il percorso del fiume Bradano, che sfocia nei pressi di Metaponto.
Che c’è il vulcanello
Sono formazioni geologiche diffuse in molte parti del mondo. Quelli attualmente identificati sono circa 2000. In Italia, sono presenti in Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e nel Mar Adriatico centrale.
I vulcani più famosi sono le “Salse” dell’Emilia Romagna e le “Macalube” in Sicilia. Tale struttura geologica è da considerarsi “giovane”, in quanto viene periodicamente smantellato dall’attività agricola, ma la sua morfologia è in continua evoluzione: spesso, infatti, si aprono e si chiudono crateri che vanno da pochi centimetri a qualche metro di altezza.
Il vulcano di Gravina e Matera
I vulcanelli appulo-lucani sono tre e sono situati nelle campagne di Gravina in Puglia, in località Timmari, vicino Matera, ed a Ferrandina, in provincia sempre di Matera, questa volta in una galleria dismessa da tempo della linea ferroviaria che univa i due Comuni.
Il vulcanello di Gravina emette emissioni di fango denso; ha un diametro tra 35 e 60 metri, con un’altezza massima di circa 4 metri. Ha una forma di cono tronco.
Quelli situati nella zona di Matera sono molto fluidi ed appaiono come una colata di fango che proviene da un basso cratere, circondati da depositi di più spessi.
Vulcanelli: i risultati della ricerca italiana
Il prof. Giuseppe Spilotro, docente di Geologia Applicata e Rischio Idrogeologico dell’Università della Basilicata, da qualche giorno in pensione, ha condotto, insieme alle prof.sse Filomena Canora dell’Università della Basilicata e Maria Dolores Fidelibus del Politecnico di Bari, una serie di studi accurati incentrati sui vulcanelli appulo-lucani, pubblicati sulla rivista “Geologia dell’Ambiente” della Società Italiana di Geologia Ambientale.
«I vulcanelli sono fenomeni conosciuti da tempi antichi – spiega Spilotro – Il nostro studio è probabilmente il più accurato e sistematico riferito alla nostra regione. In Italia, sono probabilmente alcune centinaia. Quelli pugliesi sono situati in zone poco agevoli, da raggiungere solo a piedi».
Perché i vulcani di fango sono molto importanti?

«Sono la traccia in superficie di fenomeni profondi che sono estremamente importanti per conoscere l’ambiente geologico del nostro territorio», spiega il prof. Spilotro. «Sono associati ad un particolare tipo di terreno delle nostre zone, le argille azzurre plio-pleistoceniche che sono fratturate per movimenti tettonici e su queste fratture si generano sovrappressioni di fluidi che possono creare vulcanelli. I fenomeni sono presenti in depositi argillosi, fratture profonde e fratture che veicolano fluidi, che possono arricchirsi di sali e di gas».
Uno, dieci, cento vulcanelli
Ci sono sicuramente altri vulcanelli in Italia, ma attualmente non se ne conosce la posizione. In Emilia Romagna, per esempio, alcuni sono stati scoperti dopo il terremoto del 2012. «Sono processi sempre in divenire – continua Spilotro – . La zona pericolosa comunque copre pochi metri quadrati. Si può solo convivere con essi. In altre zone, questi fenomeni possono assumere dimensioni distruttive. Ma può avvenire in contesti geologici e climatici abbastanza diversi dai nostri. Ci sono stati villaggi sommersi dal fango. Per eruttare, però, il vulcanello deve prima caricarsi di fango. In seguito – conclude – pubblicheremo un aggiornamento degli studi attualmente in corso».