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Arrestato il boss “u pacciu”

  • ️Thu Oct 11 2012

Reggio Calabria - «Non si è neppure accorto della nostra presenza - dice uno dei carabinieri presenti alla cattura - segno questo di grande tranquillità. Si è complimentato con noi ed è stato poi trasferito per gli accertamenti di rito». È il commento di chi ha arrestato ieri sera a Salice, nella periferia nord di Reggio, l’ultimo rappresentante in fuga della cosca Condello, di Archi, Domenico Condello detto “u pacciu”, cognato del boss Antonino Imerti e cugino di primo grado del più noto Pasquale Condello, “u supremo”.

Le manette a i polsi del più ricercato latitante di ‘ndrangheta sono scattate poco prima delle 22 di ieri. Domenico Condello aveva trovato l’ennesimo rifugio grazie ad una vasta rete di complicità che ne avevano protetto la latitanza da oltre venti anni. Era in una palazzina anonima di colore giallo, lungo la strada provinciale che da Catona conduce a Rosalì, che era stata affittata dall’ignaro proprietario ad una persona che sarebbe legata al latitante da vincoli di stretta amicizia.

«In che condizioni è? Assolutamente in buona forma fisica e la nostra visita non se l’aspettava proprio», dice uno dei carabinieri presenti alla cattura. Nell’abitazione, il solito corredo dei latitanti: cellulare, alimentari per qualche giorno di autonomia, qualche santino religioso.

Negli ultimi dodici mesi, “Micu u pacciu”, un sopranome che gli era stato attribuito per la sua propensione di “azionista” durante la guerra di mafia degli anni ’80 tra il cartello destefaniano e i così detti ’scissionisti capeggiati da Pasquale Condello e Nino Imerti, era riuscito a sfuggire ai carabinieri del Ros e del comando provinciale, allora diretto dall’attuale vicecomandante nazionale del Ros, generale Pasquale Angelosanto, almeno in due occasioni: la prima, sempre nella periferia di Catona, a ridosso del comune di Villa San Giovanni, dove aveva trovato ospitalità in una casa colonica affittata da Giuseppina Cotroneo, suocera di uno dei suoi fratelli condannato all’ergastolo, e la seconda, a Rosalì, a qualche chilometro di distanza da Salice, dove ieri sera è finita la sua lunga latitanza.

Il sistema di protezione del latitante, e forse qualche fuga di notizie, gli avevano permesso di farla franca. La cattura di Domenico Condello rappresenta il sigillo di conclusione di un’epoca della storia della ndrangheta di Reggio Calabria, da sempre infeudata dagli “arcoti”, oltre i Condello, i Tegano, i Fontana, i De Stefano, un tempo, come dicono “un’unica pigna”, sgretolatasi sotto i colpi della spartizione dei proventi del malaffare, del controllo della politica e delle istituzioni, del territorio.