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Resta al museo Lombroso il cranio del «brigante» Villella

  • ️Patrizia Maciocchi
  • ️Mon Aug 19 2019

diritto alla sepoltura

di Patrizia Maciocchi

19 agosto 2019

2' di lettura

Resta al museo antropologico criminale “Cesare Lombroso” di Torino il cranio del “brigante” calabrese Giuseppe Villella. La Corte di cassazione , con la sentenza 21407, mette la parola fine alla contesa tra l’Università e il comune natio di Villella, che era in realtà solo un semplice bracciante incarcerato per il furto di due capretti e cinque ricotte. Del suo teschio, era entrato in possesso il criminologo Cesare Lombroso , che lo aveva usato a conferma delle sue teorie, per la presenza sul reperto della fossetta occipitale mediale di un tratto caratteristico che identificava il fenotipo del delinquente meridionale. Il Comune di Motta Santa Lucia chiedeva la restituzione del cranio per seppellirlo, supportato dal comitato ”No Lombroso”.

L’interesse culturale - I giudici di primo grado avevano dato loro ragione, anche per un riscatto morale del Comune, ma la sentenza era stata ribaltata in appello. Ora anche la Cassazione, fa prevalere l’interesse scientifico sul diritto alla sepoltura. E considera il cranio di Villella di interesse culturale. Ragione questa che rende ininfluente il fatto che Lombroso detenesse o meno il teschio legittimamente. Il ”bene” è ormai proprietà del museo, ed esiste un interesse scientifico alla sua esposizione. Conoscere le teorie dell’antropologo veronese è, infatti, ancora importante per la notevole eco e importanza che hanno avuto nel dibattito scientifico, anche se sono ormai del tutto superate. Per la Corte territoriale, alla quale la Cassazione dà ragione, il giudizio della storia non basta per chiudere definitivamente in un cono d’ombra i fatti che ne sono la fonte «si può dunque negare la validità di una teoria scientifica, ma non la sua esistenza e l’interesse generale a conoscerne gli aspetti».

Il diritto alla sepoltura - Per escludere la destinazione al museo del reperto non serve neppure una risposta, data a suo tempo dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, dalla quale era emersa l’assenza di richieste, autorizzazioni e catalogazioni. Né serve invocare il diritto alla sepoltura , e quello del comune ad accogliere nel cimitero un suo cittadino. Inammissibile anche la tesi del danno all’immagine del paese, per troppo tempo considerato terra di briganti.

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