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Mé Pék E Barba , La scatola magica<small></small>

  • ️Manuele Angelini
  • ️Thu Nov 29 2012

I Mé Pék e Barba sono un rutilante e travolgente caterpillar dalla stuzzicante capacità di sgranare esaltanti quadretti folk. Una band dalle indubbie capacità di miscelare folk d’arrembaggio & divertimento, radici & ironia, ma anche di argomentare tematiche serie e riflessive contraddizioni intime e solleticare trame quotidiane che ci sguazzano in tasca. Nei loro suoni e nelle loro tracce nuotano gli stessi nutrimenti che abbiamo già incrociato negli affluenti sonici dei Modena City Ramblers, (un po’ meno manifestatamene schierati anche se sono lapalissiane le corrispondenti costole d’appartenenza), del Davide Van De Sfroos più folkettaro e contaminante, dei Luf di Dario Canossi con i loro succhi collegialmente emozionali e dei ticinesi Vad Vuc con abbordaggi folk sovversivi, mettendoci dentro anche un granello di Lou Dalfin e un pizzico speziato di sagace e mordace ironia.

Il loro è un folk contagioso & inarrestabile, travolgente & trascinante, con tracce di musica popolare e canovacci delle nostre storia di provincia, un bagaglio mnemonico dalle ginocchia sbucciate e sapori autentici che fa parte di noi e del nostro cammino famigliare; suggestioni del nostro passato comunitario che non dobbiamo smarrire nella cinica indifferente palude della privazione delle radici dei nostri giorni.

I Mé Pék e Barba arrivano dalla bassa emiliana, sono un collettivo composto da Sandro Pezzarossa: voce e chitarra acustica; Nicola Bolsi: voce, percussioni e batteria; Davide Tonna: banjo e bouzuouki; Federico Romano: fisarmonica; Filippo Chieli: viola e violino; Federico Buffagni: flauti; Stefano Risolo: chitarre; Simone Bernadinelli: basso; Domenico “Dido” Di Donna: ghironda. Nel cassetto della credenza hanno già altri tre dischi: Pustòst la bèv tota me!!, un esordio che ha poi dato il via a una frastornata festa senza fermata; Il vento che soffia dalla luna è il loro secondo lavoro a cui è seguito il ben menzionato La rosa e l’urtiga; il tutto condito da un’intensa attività live, collaborazioni, premi, produzioni solidali e benefiche. La scatola magica ci viene presentato con un elegante mini box dai toni scarlatti, un booklet con i testi e le traduzioni delle parti in dialetto ben forgiato ed evoca invisibili ragnatele emozionali connesse con il mistero, fantasmi ancestrali e le passionali credenze popolari; tra gli ospiti menzioniamo Franco Giordani al mandolino (già alla corte di Luigi Maieron), Alberto Morselli (primo vocalist dei Modena City Ramblers), Michela Ollari: splendida presenza vocale che alza di una spanna le canzoni che la vedono protagonista e del comico bolognese Stefano “Vito” Bicocchi che si offre in sapide intromissioni declamate.

Si parte con Voodoo padano, brano che trasmigra allucinazioni sciamaniche di un vagabondo di paese tramite giocose risonanze tradizionali irish parenti dei primi M.C.R. per chiudere nel finale occhieggiando barbigli reggae.

La gradevole Il treno del ‘900 ha atmosfere nostalgiche, un viaggio nei ricordi che riaffiorano mentre Striament è, a mio giudizio, una delle più belle: ha una potenza evocativa interiore dal coinvolgimento emotivo esplosivo, è la forza della natura che irrompe con un nefasto temporale; me la immagino dal vivo con tutto il pubblico che la canta in coro, una di quelle songs che a De Sfroos piacerebbe ritrovarsela nelle tasche del proprio repertorio e che avrebbe tutte le carte in regola per diventare un punto fermo nei concerti.

La bella La madgona dal casal è un’altra gemma con Michela Ollari sugli scudi, storia di una fattucchiera, di una guaritrice con i suoi filtri miracolosi a cui tutti ricorrono, ma condannata a vivere in isolamento ai margini del villaggio.

La spiritosa e contagiosa Mi piacerebbe svegliarmi è destinata anche lei alle giocondità live; in Polvere e brina la lead vocal è quella di Alberto Morselli e riferisce di una gelida notte d’inverno dove, celata sotto il silenzio, ogni cosa vive le proprie trepidazioni mentre La scatola magica, brano che titola l’opera ha una scattante e vivace esuberanza con il testo che raffigura lo spirito immateriale capace, come il genio della lampada di Aladino, di attuare i nostri desideri onirici.

Tacabanda e orsanti butta l’amo nelle radici con i suoi ruspanti aforismi popolari, parla della storia degli Orsanti, gente originaria della Val di Taro costretti ad emigrare e ad inventarsi mestieri girovaghi, circensi e artisti di strada. Turnarà la fùmèra si riferisce alla magia della nebbia, c’è il trombone di Valentino Spaggiari e mi richiama certe cose dei Vad Vuc con un folk adulterino e impertinente che scuote le gambe. Che cos’è l’amore? sottoveste cabarettistica e profondità riflessiva. La carovana del mistero ha rimandi ai MCR e protagonista è il sortilegio dello show di un illusionista.

La sagace La fèn dal mond aggancia la profezia maya sulla fine del mondo: c’è chi  (s)balla e chi beve, chi prega e chi va a ritirare il malloppo in banca; temperamento confinante al primo De Sfroos, un’allegoria che aleggia indistintamente un po’ dovunque, ma non compariamo ciò come sudditanza derivativa: i Mé Pék e Barba hanno una propria personalità ed espressività e non hanno certo bisogno di infilarsi stivali altrui. Bravi! Bravi davvero!

Per colpa di Gianni Zuretti che m’ha regalato questo rivitalizzante cd, ora mi toccherà recuperare il tempo perduto dedicandomi alla ricerca dei dischi precedenti, ma nel frattempo voi voletevi bene e procuratevi questo inverecondo & balsamico dischetto: non vi pentirete!