GIORNALE, GIORNALISMO - BREVE STORIA DEL ...
Fonti varie
L’emergere di grandi interessi economici e finanziari e le lotte
politiche sono all’origine della nascita dei principali giornali
dell’epoca. In Italia i processi di industrializzazione cominciano
alla fine dell’Ottocento mentre le iniziative editoriali di matrice
industriale iniziano a partire dal secolo successivo. L’industrializzazione
della stampa comporta l’apporto di capitali estranei all’editoria
che non diventa mai una gestione professionale ed esclusiva . Nella
maggior parte dei casi si è trattato dell’intervento di
grandi famiglie che nell’editoria del nostro paese sono quasi
una costante. La commistione tra editori e altri imprenditori rafforza
il rapporto di contiguità e intreccio tra giornali e attività
politica. Solo nei quotidiani locali c’è l’editore
“puro” privo di altri interessi (Murialdi P. 1998).
La stampa si conferma come strumento di una comunicazione d’élite:
i periodici riflettono una gestione artigianale e personalistica, con
tirature e circolazione limitate. La costosa carta ricavata dagli stracci
non è ancora stata sostituita dalla pasta di legno, i torchi
non sono ancora meccanizzati e le operazioni di composizione dei caratteri
si svolgono interamente a mano, (Stainberg S. H.,1962).
L’Italia unitaria è un paese agricolo, la scolarizzazione
è ancora bassa; il tasso di analfabetismo alto (più di
due terzi della popolazione nel 1871) con punte del 80 per cento nel
Mezzogiorno (nel 1910, il 39 per cento degli italiani di età
superiore ai sei anni non è in grado di leggere e scrivere);
non pochi sono poi gli analfabeti di ritorno. Il basso tenore di vita,
soprattutto nelle regioni meridionali della penisola, sono fra le principali
cause della povertà del mercato di lettura dei quotidiani mentre
la quota di lettori si stima attorno al due per cento circa dei cittadini
e corrisponde agli aventi diritto di voto (Gozzini g., 2000).
Il tempo e la spesa per la lettura di un quotidiano sono comunque considerati
un lusso domenicale .
I giornali sono formati
da quattro pagine a due o tre colonne, di cui la prima dedicata all’editoriale,
la seconda e la terza alle informazioni di carattere locale, l’ultima
alle notizie estere. I giornalisti sono uomini politici o letterati
che considerano la stampa un’attività accessoria, intesa
a divulgare e popolarizzare i contenuti della propria occupazione principale
(Sorrentino, 1995).
La pubblicità occupa uno spazio limitato e residuale, relegato
in ultima pagina e il suo contributo al bilancio delle entrate è
modesto. Il prezzo oscilla tra i cinque e i 15 centesimi (il salario
giornaliero medio di un operaio è pari a due lire); formule di
abbonamento favoriscono la diffusione postale dei periodici, che prevale
largamente rispetto alla vendita nei locali pubblici o nelle strade.
Nell’ambito dell’Italia laica il primo quotidiano ad affermare
la propria leadership è
Nel febbraio del 1867 nasce a Torino la
A Roma, nel 1878 nasce
Nel marzo 1885 esce a Bologna
I primi anni del secolo vedono l’affermarsi di un genere giornalistico
del tutto nuovo: la stampa di partito, che riprende in forma diversa
la tradizione risorgimentale del giornalismo educativo e politico. Nel
dicembre 1896, dalla sottoscrizione di tre mila abbonati, nasce l’Avanti!,
quotidiano del partito socialista (costituito a Genova nel 1892), diretto
da Leonilda Bissolati. Costituisce una doppia novità nel panorama
giornalistico italiano. Da un lato presenta la caratteristica nuova
di essere strettamente legato all’organizzazione centrale e periferica
di un partito politico, e quindi è il primo quotidiano effettivamente
nazionale, distribuito in un pubblico che ricalca la distribuzione geografica
degli iscritti al partito e il gradi di consolidamento delle strutture
locali. Dall’altro rappresenta un caso di editoria pura, non finanziato
da interessi economici estranei all’impresa giornalistica ma sostenuto
attivamente da lettori-militanti che hanno con il giornale un rapporto
assai più ristretto e vitale di altri.
Un’altra novità è la stampa sportiva. Nell’aprile
del 1896 comincia le sue pubblicazioni
Da una sorta di continuità con il passato risorgimentale derivano
diverse conseguenze, destinate a rivelarsi delle peculiarità
di lungo periodo. La prima, è una vocazione politica della stampa
italiana, che emargina e lascia sullo sfondo i processi di mercificazione
della notizia. In Italia tarda a manifestarsi il fenomeno, cruciale
negli Stati Uniti, di una stampa popolare e di intrattenimento, attenta
alla cronaca e alle tirature. La seconda conseguenza è la frammentazione
del mercato dei lettori su scala regionale che riflette i confini degli
stati preunitari (Gozzini G., 2000).
Trasformazioni decisive subisce fin dai primi anni del secolo la struttura
economica e del quotidiano, che acquista il carattere di una vera e
propria impresa industriale. Se alcune testate vengono finanziate da
holding, in alcuni grandi quotidiani come il
L’esperienza della guerra rende la stampa più forte rispetto
il 1914. Il
Dall’inizio del nuovo secolo condizioni innovative concorrono
a determinare un rilevante mutamento nella configurazione del giornalismo:
dall’ampliamento del quotidiano al suo allargamento a contenuti
nuovi; da trasformazioni che investono la struttura economica ed organizzativa
dei giornali agli avvenimenti politici. Grafica e impaginazione diventano
strumenti per caratterizzarsi e rendersi visibili su un mercato sempre
più affollato e concorrenziale. Acquista sempre più importanza
il processo di esaltazione della notizia attraverso la sua presentazione.
Titoli, immagini e articoli diventano componenti fondamentali del processo
di gerarchizzazione delle informazioni non più soltanto nell’ordine
della foliazione interna ma anche nell’ambito della stessa pagina.
All’inizio degli anni trenta compare nelle redazioni una macchina
(la teletypesetter) un sistema a banda di carta perforata per telescriventi
che consente la composizione a distanza degli articoli, facilitando
la moltiplicazione dei luoghi di stampa di uno stesso giornale.
Dagli anni Venti, fino alla metà degli anni Trenta, innovazioni
tecnologiche si susseguono, contribuendo a determinare significativi
mutamenti nella realizzazione del giornale. Il telefono, usato regolarmente
dai primi del Novecento, continua e consolida la tendenza alla trasmissione
diretta delle notizie avviata dal telegrafo. Mentre la stampa in rotocalco
conosce un grande successo assieme alla radio e al cinema, si avviano
le prime sperimentazioni della televisione, del magnetofono su nastri
d’acciaio, del cinema a colori (Ortoleva P., 1995).
La nomina di Mussolini a presidente del consiglio nell’ottobre
1922 ha ripercussioni quasi immediate sul mondo della carta stampata.
L’attacco frontale e violento condotto dal partito fascista nei
confronti dei giornali non allineati (il numero delle testate passa
da 110 a 77 nel periodo tra il 1926 e il ’33) si combina ad una
“fascistizzazione” sotterranea della stampa attraverso manovre
nella composizione dei consigli di amministrazione di volta in volta
concertate con gruppi di potere privati (Gozzini, 2000). Un decreto
del luglio 1923 accorda ai prefetti la facoltà di diffidare e
destituire il gerente di un periodico in caso di intralcio all’azione
diplomatica del governo in politica internazionale, turbativa dell’ordine
pubblico, ingiustificato allarme alla popolazione, istigazione all’odio
di classe e disobbedienza alle leggi, favoreggiamento degli interessi
stranieri, vilipendio della patria, della famiglia reale, del papa,
della religione di stato, delle istituzioni e delle potenze amiche (Bonomi
).
Nel processo di fascistizzazione, in cui ha un ruolo fondamentale Arnaldo
Mussolini, direttore dal 1922 del
Ai giornali viene imposto, attraverso reiterati inviti e suggerimenti,
uno stile preciso, sobrio con l’abbandono della retorica, oltre
ad imposizioni concernenti il formato (dal ’26 le sei pagine)
e modalità tipografiche. La cronaca nera viene limitata fino
all’eliminazione , nell’intento di offrire un’immagine
“pulita” del Paese, e la pagina di cronaca cittadina si
riduce a una monotona sequela di notizie ufficiali e celebrative. Lo
sforzo delle redazioni si concentra sulla terza pagina dedicata alla
cultura, alla ricerca di un prestigio settario o scientifico che compensi
la piattezza informativa: è la terza pagina che il corriere degli
anni trenta apre a disegni e foto. Assumono spazio e importanza le sezioni
non politiche del giornale: si sviluppano in particolare le rubriche
di intrattenimento e di evasione (moda, varietà, cinema) e lo
sport.
Nell’aprile del 1937 esce
Dallo stile fascista i quotidiani si liberano man mano che passano attraverso
l’intervento degli alleati, nelle mani di nuovi direttori e nuovi
giornalisti Dopo il 1945 fiorisce una nuova stagione della stampa quotidiana
e periodica, variamente legata ai gruppi antifascisti, che nel giro
di pochi mesi raddoppia il numero di quotidiani italiani degli anni
Trenta. Nel 1946 infatti sono 150 i quotidiani (contro gli 80 del 1936),
diffusi secondo una mappa geografica che rispecchia quella della Resistenza:
più di venti a Roma, diciotto a Milano, nove a Torino, otto a
Genova. . Il capofila dei quotidiani è ancora il Corriere
della Sera, con una tiratura di 500 mila copie e un nuovo direttore
Mario Borsa.
Nel 1946 la ricostruzione della Federazione nazionale della stampa
conduce l’anno successivo alla stipulazione di un contratto nazionale
che prevede il praticantato come via obbligata di accesso alla professione;
la Costituzione, entrata in vigore nel 1948, sancisce all’articolo
21 la libertà di stampa, nel febbraio 1963 viene istituito l’Ordine
dei giornalisti (organismo assente nella maggior parte delle
nazioni, che si limitano a riconoscere le associazioni sindacali di
categoria), come ente unico cui si accede per esame di stato.
Il giornalismo italiano continua a conservare il proprio tratto distintivo
di fondo: una congenita e perdurante ristrettezza del mercato dei lettori
di stampa quotidiana, testimoniata dal numero di copie di giornali che
si mantiene stabilmente tra un terzo e un quarto rispetto quello degli
altri paesi sviluppati
Il primo quotidiano italiano stampato nell’Italia unita è
L’Osservatore romano , segno
di un’attenzione alle forme moderne di comunicazione, che contraddistingue
lo sforzo delle autorità ecclesiastiche di mantenere una base
di consenso all’interno dell’Italia laica, nonostante il
carattere esplicitamente reazionario del pontificato di Pio IX.
A partire dalla metà degli anni Settanta, il primato del Secolo
viene insidiato dalla nascita de Il Corriere
della Sera (5 marzo 1876) che polarizza la stampa quotidiana
milanese sotto il profilo di forma e contenuti. Il modello di riferimento
non è rappresentato (come per il Secolo) dai grandi
quotidiani francesi attenti per vocazione a cronaca e feuilleton ma
si ispira al modello anglosassone dei due Times (londinese
e newyorkese) con una attenzione particolare per la notizia e la tradizione
per la credibility e fairness. Per quanto riguarda i contenuti, il Corriere
difende il versante conservatore e socialmente privilegiato della buona
società milanese mentre Il Secolo si sposta a sinistra,
svolgendo campagne in favore degli operai.
Nel 1904 il Corriere, che è il primo quotidiano ad avere
una rete stabile di corrispondenti esteri, si trasferisce nella sede
di via Solforino, dove ancora opera; passa da sei otto pagine e dà
vita alla terza pagina, dedicata ad avvenimenti culturali e la pagina
sportiva e tutti i supplementi .
Nel novembre 1883 nasce a Roma La Tribuna,
per opera di un gruppo di deputati di opposizione e dell’industriale
laniero veneto Rossi. E’ un giornale che non smentisce una contiguità
con il mondo politico. Colpito da uno scandalo, si risolleva grazie
alle sue due edizioni giornaliere (una chiusura in tarda mattinata,
l’altra alle nove di sera) e al supplemento settimanale La
Tribuna illustrata; il quotidiano raggiunge le 160 mila
copie nel 1896. La Tribuna è uno dei pochi giornali
filogovernativi, in un panorama della stampa quotidiana avversa all’esecutivo.
Nel marzo 1891 nasce a Napoli Il Mattino,
diretto da Edoardo Scarfoglio con il proposito di farne un organismo
del conservatorismo italiano, attento al profilo culturale: chiama a
collaborare scrittori come D’annunzio e Serao di cui rimangono
famosi i “mosconi”, gli scorci letterari quotidiana napoletana
.
Nel novembre 1901 Alberto Bergamini, fonda nella capitale un nuovo quotidiano:
Il Giornale d’Italia. Notevole
è il suo sforzo di diffusione e copertura informativa dedicato
al meridione, così come l’invenzione di una terza pagina
interamente dedicata alla cultura: l’avvenimento viene infatti
coperto non solo con una recensione, ma anche con altri tre articoli
relativi alla scenografia, alla musica e alla cronaca mondana. La terza
pagina diventa, una consuetudine dei quotidiani, che richiama scrittori
affermati ( Verga, Pirandello, Deledda) a comporre gli “elzeviri”
: pezzi letterari - racconti, divagazioni sui fatti di cronaca, note
di costume - che aprono sulle prime due colonne della terza pagina .
Il processo di industrializzazione soffre non solo della divisione tra
nord e sud, che interessa gli assetti economici e civili, ma anche di
un vincolo persistente che impedisce il nascere di quotidiani e riviste
effettivamente nazionali, capaci di proporsi come strumenti di omogeneizzazione
culturale (Forgacs D., 1992)
Il Novecento nei giornali.
Il primo conflitto mondiale è caratterizzato dal monopolio delle
agenzie di stampa governative e militari cui sono sottoposti i giornali.
Le norme di censura in Italia precedono l’entrata in guerra nel
1915 per notizie di carattere militare, dopo l’intervento di divieto
di pubblicazione si estende alle informazioni su caduti, feriti e prigionieri
. Il risultato è l’appiattimento invariato sul tono retorico
del patriottismo di maniera che accomuna la maggioranza dei giornali
italiani. Dopo la guerra, il ritorno alla normalità produce le
condizioni per un riequilibrio, restituendo autonomia e libertà
al cronista d’assalto a caccia di notizie tra le diverse funzioni
(Bonomi ).
La foto in prima pagina sconvolge i criteri di impaginazione. Mentre
il titolo rispetta la naturale gerarchia visiva dell’optical point
, la posizione della foto concentra su di sé lo sguardo. Nasce
l’impaginazione simmetrica, che ponendo la foto al centro della
pagina, la divide in due parti e con uguale numero di colonne, facilitando
la stesura di diversi titoli con spazi e caratteri simili nei quattro
quadranti in cui si suppone idealmente divisa la pagina (Westley, 1953).
Il periodo tra le due guerre vede mutamenti all’interno delle
redazioni: i giornalisti cominciano a dividersi tra chi scrive il giornale
e chi ne gestisce la struttura e il contenuto. In redazione emerge la
figura del capo-servizio, incaricato di seguire in modo continuativo
un settore di attività del giornale: esteri, interni, nera, sport
ecc.. si sviluppa la tendenza alla specializzazione dei giornalisti
in particolari campi dell’informazione. Aumenta il peso assunto
da anonimi cronisti e redattori a scapito delle grandi figure di letterati
che circoscrivono la propria collaborazione alla terza pagina. Prende
sempre maggior corpo la figura del giornalista professionista che spesso
assomma nella scrittura una componente schiettamente giornalistica ad
una squisitamente letteraria, come nel caso degli inviati speciali.
(vedi "Il Corriere, megafono del fascismo")
Nel gennaio 1945 il posto dell’agenzia di stampa Stefani viene
preso dall’
La fisionomia prevalente è quella del giornale “generalista”,
con pochi titoli e poche foto, centrato sul cosiddetto “pastone”
politico: un riassunto delle principali prese di posizione dei partiti
e delle istituzioni. Il caso italiano continua a sfuggire alla partizione,
tipica degli altri paesi, tra una stampa popolare e una stampa d’élite:
la tipologia di quotidiano che vi domina è infatti un ibrido
tra due generi, che tuttavia non riesce mai a superare le ridotte tirature
della seconda (Murialdi P. 1980).
I settimanali conoscono una crescente fortuna nonostante il rapido moltiplicarsi
delle testate e vanno in parte ad occupare lo spazio di una stampa popolare,
assente tra i quotidiani. In testa è
I
cambiamenti in atto nel giornalismo.
L’esistenza di un mercato mediale comporta la crescita della competizione
nelle imprese editoriali, con una conseguente ricaduta sui contenuti presentati,
caratterizzati dall’allargamento dello spazio sociale rappresentato.
Tutto questo si traduce nell’apertura, più o meno deliberata,
dei giornali ad un pubblico più vasto (Sorrentino C., 2002). In Italia,
negli ultimi anni, si è prodotta una forte concorrenza giornalistica,
causata dalla televisione commerciale nonché dalla nascita, negli
anni Ottanta, del giornalismo locale (Buonanno M., 1999).
In un paese dove tradizionalmente il giornalismo si è coniugato con
ottiche elitarie e intenzioni pedagogiche, si assiste oggi a fenomeni di
popolarizzazione. Questo processo segue una strada differente da quella
che ha caratterizzato i paesi dove l’allargamento dei media, ha sempre
prodotto una netta differenziazione nella tipologia dei contenuti tra informazione
di qualità e informazione popolare. Nel caso italiano, l’evoluzione
del sistema giornalistico ha comportato la definizione di un unico, anche
se variegato, modello informativo, un ibrido, dove interventi dotti e raffinati
si accompagnano a “pezzi” di evasione adatti al grande pubblico
(Sorrentino C., 2002).