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Cosa dicono i partiti sulla legalizzazione della cannabis

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  • ️Wed Sep 21 2022

La legalizzazione delle droghe leggere come la cannabis è da sempre un tema che polarizza la politica in Italia. A sinistra, si spinge per legalizzare; a destra, si spinge per impedirlo. E anche questa campagna elettorale in vista del voto del 25 settembre non fa eccezione. 

A che punto siamo?

In Italia, il quadro legislativo che regola il consumo e il commercio di sostanze illecite adotta un sistema punitivo, che parte dalla legge Iervolino-Vassalli, del 1990. Tale disegno di legge prevedeva che le sostanze stupefacenti fossero definite in base ai loro effetti, ma in base al fatto che fossero contenute in uno di due elenchi periodicamente aggiornati dal ministero della Sanità. Il primo elenco comprendeva le droghe pesanti, il secondo le droghe leggere. Erano inseriti in quest’ultimo elenco i derivati della cannabis, ovvero hashish e marijuana. Per il commercio di entrambe le categorie era prevista una pena di reclusione, più lunga nel caso delle droghe pesanti. Per il consumo, era invece prevista una sanzione amministrativa.

Con il disegno di legge 2038, risalente al 2006 e passato alla storia come legge Fini-Giovanardi, la distinzione tra droghe leggere e pesanti era stata annullata, e tutte le sostanze erano state inserite nella stessa tabella, con conseguente inasprimento delle pene. Nel 2014, la Corte costituzionale definì la legge Fini-Giovanardi “incostituzionale, non per il contenuto, ma per il modo in cui era stata approvata, dato che che era stata inserita all’interno di un provvedimento che si occupava di svariate materia.

Dal 2014, la normativa principale in materia di stupefacenti è il decreto Lorenzin, secondo il quale le tabelle di sostanze pubblicato dal ministero della Salute sono cinque, in base alla pericolosità attribuita alla sostanza. La cannabis e i derivati sono inseriti all’interno della seconda tabella. Le pene previste per il commercio e il consumo di queste sostanze sono inferiori rispetto al passato, ma ci sono ancora. Ci sono stati diversi tentativi di depenalizzare le sostanze stupefacenti – per ultimo il referendum del 2021 ritenuto inammissibile dalla Corte costituzionale – per il momento senza riscontri. Vediamo cosa dicono sul tema i partiti:

  1. Chi non ne parla
  2. Chi è a favore
  3. Chi è contro

Il giorno della consegna delle 630mila firme per il referendum sulla cannabis presso la Corte di cassazione

Come per l'eutanasia, anche nel caso del referendum sulla cannabis, i giudici della Consulta hanno rilevato come il quesito non fosse accettabile a livello costituzionale

Chi non ne parla

Non viene fatta menzione esplicita del tema nel programma congiunto di Azione e Italia Viva, guidati rispettivamente da Carlo Calenda e Matteo Renzi. Calenda ha però in passato sostenuto che legalizzare “permetterebbe il controllo di una situazione fuori controllo, implicando una posizione favorevole.

Il tema non è menzionato esplicitamente neanche nel programma elettorale di Fratelli d’Italia. Il partito guidato da Giorgia Meloni – nella sezione dedicata ai giovani – si limita a definire la droga una delle “devianze giovanili” che vanno contrastate attraverso la promozione di stili di vita sani “per contrastare il disagio”. In passato, la leader del partito si è però espressa diverse volte sul tema. In un post del 2019 su Facebook, Meloni scrissela droga dilaga e produce morte ma nessuno ne parla. Basta perdere tempo! Bisogna agire subito.” Nel 2015, sempre su Facebook, la leader di Fratelli d’Italia condivise un video del 1989 in cui il giudice Paolo Borsellino dichiara che liberalizzare la droga per combattere il traffico clandestino “è da dilettanti di criminologia”. Al video è accompagnata la caption “a chi sostiene che legalizzare la droga serve a combattere la mafia ricordo le parole di Paolo Borsellino”. Di conseguenza, anche se il tema non è esplicitamente menzionato nel programma elettorale, la posizione del partito è piuttosto chiaramente contro la legalizzazione.

Non fanno poi menzione del tema i programmi elettorali di Italexit e Forza Italia, guidati rispettivamente da Gianluigi Paragone e Silvio Berlusconi

Chi è a favore

Il programma elettorale che più si spende a favore della legalizzazione della cannabis è indubbiamente quello di Possibile, il movimento guidato da Giuseppe Civati. “La cannabis riguarda più di 5 milioni di consumatori, molti dei quali di lungo corso, che ne fanno un uso molto consapevole e non pericoloso per la società”, è quanto si legge nel testo. Di conseguenza, nella visione del partito legalizzare la cannabis “è il primo passo per un cambio di prospettiva generale su come il nostro paese affronta il tema delle droghe e delle dipendenze, un mutamento che deve passare dalla depenalizzazione di tutte le sostanze”. Viene citato come esempio il Portogallo, che ha depenalizzato il consumo di tutte le droghe nel 2001, con risultati ottimi: secondo un rapporto del 2017 dell’Institute of Labor Economics, la depenalizzazione “ha contribuito a un calo nel numero di sequestri di eroina e cocaina, una diminuzione del numero di reati e decessi per droga e una diminuzione del numero di pazienti che entrano in cura”. 

Si dichiarano esplicitamente a favore del tema anche il Partito democratico, Più Europa, il Movimento 5 Stelle, Unione Popolare e Sinistra Italiana-Verdi. Nel programma del partito guidato da Enrico Letta si legge che “nell’ambito delle politiche di contrasto alle mafie e alla criminalità organizzata, riteniamo sia arrivato il momento di legalizzare l’autoproduzione di cannabis per uso personale e fare in modo che la cannabis terapeutica sia effettivamente garantita ai pazienti che ne hanno bisogno”. A tale legalizzazione il partito propone di accompagnare un rafforzamento delle “iniziative di prevenzione e informazione nelle scuole e nell’informazione pubblica per accrescere la consapevolezza dei rischi legati a ogni forma di abuso e dipendenza”.

Fa eco Più Europa. Il programma elettorale del partito guidato da Emma Bonino propone “la legalizzazione e regolamentazione della Cannabis, in nome della libertà individuale, della lotta alla criminalità e del contrasto ai profitti delle narco-mafie, dell’efficienza del sistema giudiziario, della tutela della salute pubblica, della libertà di accesso alle cure dei malati e della ricerca scientifica, nonchè del recupero di risorse per le finanze pubbliche”. In particolare, l’idea è di approvare la proposta di Legge Magi, secondo la quale sarebbe possibile coltivare quattro piante di cannabis per uso personale come “primo passo verso un processo di completa legalizzazione”.

Più schematici gli altri. Il programma del Movimento 5 Stelle parla di “regolamentazione della coltivazione della cannabis per uso personale” come contrasto alla criminalità organizzata. Similmente, il programma di Unione Popolare parla di “legalizzare cannabis e droghe leggere anche per togliere alle mafie un mercato redditizio”, e il programma congiunto di Sinistra Italiana e Verdi parla di “una legge che regolamenti legalmente produzione, distribuzione e vendita di cannabis per gli adulti”. Questi ultimi entrano però meno nei dettagli.

Chi è contro

L’unico no secco viene dalla Lega guidata da Matteo Salvini. La liberalizzazione della cannabis è definita una minaccia per i minori e le proposte per attuarla sono definite “attacchi ideologici”. La posizione del partito è ulteriormente chiarita nella sezione “no cannabis”, a pagina 74 del programma. Ci sono due punti. Il primo è lo “stop a qualsiasi proposta di liberalizzazione o di legalizzazione della droga, indipendentemente dalla falsa distinzione tra leggera e pesante”. Il secondo è l’istituzione di “Campagne di sensibilizzazione verso i minori e i loro genitori sui pericoli della ‘cultura della droga’ con particolare attenzione alle conseguenze sullo sviluppo cognitivo dei giovani derivanti dall’uso abituale di cannabis”. 

Nel corso della campagna elettorale, il leader del partito Matteo Salvini ha più volte ribadito la propria posizione sul tema, esplicitamente attaccando i partiti favorevoli alla legalizzazione. Emblematico in tal senso lo slogan “droga è morte” spesso utilizzato da Salvini nel corso della propria comunicazione.